Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore 22/4/2014, 22 aprile 2014
PER LA GRECIA NON È ESCLUSO UN NUOVO PIANO DI SALVATAGGIO
Può la Grecia fare a meno di un terzo piano di salvataggio dopo il recente felice esito del ritorno al mercato dei bond, alla fine di 4 anni di esilio forzato, con un’emissione di 3 miliardi di euro al 4,95% di rendimento? I funzionari europei di Bruxelles non escludono l’ipotesi di un terzo bail-out di Atene, ma grazie al rinnovato miglioramento delle condizioni del mercato obbligazionario in tutta l’area dei periferici, hanno per il momento rimandato la difficile decisione a dopo le elezioni europee.
Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, l’ideologo sulle cause profonde della crisi dei debiti sovrani (perdita di competitività e conti pubblici fuori controllo), non l’ha escluso: «Se ci vuole, si farà», ha detto recentemente per lasciarsi la via aperta a ogni evenienza.
«Se la Grecia riuscirà ad evitare un nuovo piano di aiuti (oltre ai 240 miliardi di euro già sborsati nei due precedenti n.d.r.) dipenderà dal fatto se riuscirà a farsi finanziare dal settore privato una cifra abbastanza modesta, 11 miliardi di euro, somma stimata dall’Fmi come disavanzo finanziario per il 2014-2015», hanno sottolineato Dennis Shen e Darren Williams di Alliance Bernstein.
Il calo del fabbisogno, iniziato dal 2012, è dovuto all’haircut sul debito di 100 miliardi di euro e al riequilibrio dei conti operato dal ministro delle Finanze, Yannis Stournaras, seguendo le indicazioni della troika.
Certo, il ritorno sul mercato con un bond sindacato, che ha ricevuto ordinativi per 20 miliardi sui tre collocati, fa ben sperare, ma per riuscire a trovare altri 11 miliardi per il gap fiscale nel biennio 2014-15, devono continuare le favorevoli condizioni di mercato nei prossimi mesi e, soprattutto, deve essere mantenuta la stabilità politica della fragile coalizione guidata dal premier conservatore Antonis Samaras con l’ausilio del vice premier Evangelos Venizelos del Pasok, il partito socialista, a rischio implosione in vista delle elezioni europee di maggio.
Al momento, la riduzione del debito pubblico greco che viaggia al 177% del Pil, è stata sostenuta dal basso tasso di interesse, in media del 2,7%, grazie al Psi, la ristrutturazione del debito privato. Ma nonostante questi aiuti, il rischio deflazione (a marzo ha toccato quota -1,5%) e la mancanza di una crescita robusta (nel 2014 il Pil salirà dello 0,6%) rendono difficile la sostenibilità del debito pubblico che oggi per l’80% è in mano al settore pubblico.
Il punto critico del progetto - per evitare il terzo piano di aiuti - è agguantare un surplus primario del 4,5% del Pil nel 2016, dopo averne ottenuto uno nel 2013, il primo da decenni, ma abbastanza marginale.
C’è una piccola chance in più all’orizzonte. Dopo l’ultima tranche di aiuti, ci saranno 11 miliardi di euro nel fondo di stabilità finanziario (Hfsf) destinato alla ricapitalizzazione delle banche greche, oltre a risparmi per due miliardi dell’attuale salvataggio e tre dal primo piano. Un totale di 16 miliardi di riserva che, però, potrebbero servire per le banche elleniche dopo i prossimi stress test in programma.
Il governo Samaras non vorrebbe chiedere un terzo piano di aiuti, ma potrebbe essere tentato di venderlo come una "rete di sicurezza", per usare le parole del ministro delle Finanze, Yannis Stournaras. «Un uso di fondi già stanziati e utilizzati al posto di nuovi fondi richiederebbe solo il voto dell’Esm, il meccanismo europeo di stabilità, cioè dei soli ministri dell’Eurozona senza passare dai Parlamenti nazionali, un passo che Berlino e altre capitali vorrebbero evitare in vista delle elezioni europee», dice Mujtaba Rahman, analista di Eurasia Group.
Intanto Samaras tesse la tela per nominare il ministro Stournaras al posto dell’attuale governatore della banca centrale, George Provopoulos, il cui incarico scade a maggio. Una mossa che consentirebbe al premier di affermare che la fase più acuta della crisi è finita, evento evidenziato dal fatto che il ministro chiave del governo, cioè Stournaras, lascerebbe il posto di timoniere dei conti dopo aver ottenuto un surplus primario e fatto ritornare il paese sui mercati. A quel punto, un terzo bail-out sotto forma di allungamento dei tempi di pagamento del debito, magari a 50 anni, non sarebbe un dramma.
Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore 22/4/2014