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 2014  aprile 22 Martedì calendario

PADOAN APRE IL FRONTE DELLA CIG


È una seconda fase complessa, con non poche preoccupazioni, quella che il decreto sugli «80 euro in busta paga» lascia per i prossimi mesi. Si conta su un po’ di crescita in più, ma ci saranno ancora emergenze da gestire e misure da finanziare, a cominciare dal tiraggio della Cassa integrazione. E il primo a saperlo è il ministro Padoan.
di Fabrizio Forquet P adoan in questi giorni di Pasqua sta seguendo il lavoro dei tecnici alle prese con il testo definitivo del decreto che dovrebbe andare in Gazzetta giovedì prossimo. Si dice soddisfatto di un provvedimento che «taglia imposte sia alle famiglie sia alle imprese, rafforzando i consumi e la capacità competitiva». Ma non nasconde le preoccupazioni per quanto dovrà essere fatto nei prossimi mesi. Si tratta infatti di trovare le risorse «per rendere strutturale il bonus fiscale che per ora abbiamo finanziato per il 2014». Ma non solo. Perché vanno trovati già quest’anno fondi aggiuntivi per la Cassa integrazione in deroga (almeno un miliardo), con «un impegno quantitativo e qualitativo, perché va anche attuata la delega sugli ammortizzatori». Ci sono poi le spese indifferibili, come le missioni internazionali. E tutto questo senza neppure considerare l’estensione del bonus agli incapienti (valore 1,5 miliardi) e alle partite Iva (impegno ancora più gravoso). Rischio di manovre aggiuntive? Padoan non vuole sentirne parlare, ma ammette che bisognerà lavorare in questi mesi nelle pieghe del bilancio: «I capitoli sono tanti e troveremo le soluzioni per reperire le risorse necessarie. Se mi chiede se sono preoccupato, le dico che ci sono preoccupazioni tutti i giorni ma in questo momento escludo una manovra correttiva». Questo per il 2014, perché poi c’è la partita del 2015, quando la spending review dovrà arrivare a coprire per intero, e in modo strutturale, il bonus da 10 miliardi. Se ne riparlerà con la manovra autunnale, ma le cifre indicate finora (3 miliardi dalla lotta all’evasione, 5 dai tagli agli acquisti di beni e servizi, 2 dalla politica) sono molto generiche. «E infatti – dice Padoan – per il 2015 non le abbiamo scritte come coperture di una manovra con forza di legge. Sull’evasione siamo stati molto prudenti, inserendo come copertura solo il recupero già contabilizzato. Cioè 300 milioni per il 2014. Quella dei 3 miliardi per l’anno successivo è solo una stima, che però tiene conto dell’attuazione della delega fiscale che può portare ottimi risultati. In quanto ai tagli di spesa sono convinto che abbiamo il tempo per far decollare la spending review, anche in considerazione dei miglioramenti che ci saranno sul fronte della crescita». A leggere il decreto, al di là degli annunci che vanno nella direzione giusta, ci si accorge però che i tagli di spesa già definiti sono una quota limitata: incidono per soli 3,1 miliardi, e 2,1 di questi sono di fatto rinviati ai ministeri, alle Regioni e agli Enti locali. La sensazione è che anche un premier coraggioso e ambizioso sul fronte della lotta ai costi della pubblica amministrazione, come certamente è Renzi, davanti alla montagna da scalare dei tagli di spesa si sia fatto frenare da considerazioni di tipo elettorale. Tanto da lasciare la manovra di riduzione del cuneo fiscale senza l’ossigeno necessario a renderla ampia e strutturale. A Padoan chiediamo se a Palazzo Chigi ci sia stato uno svuotamento del lavoro fatto da Cottarelli. «Non parlerei di uno svuotamento o di un depotenziamento, diciamo che sono state fatte delle scelte più selettive». Il ministro non ha nessun intento polemico. E la percezione del rapporto con Renzi, in questa fase, è quella di una collaborazione franca ma costruttiva: «Abbiamo tutti i giorni conversazioni fruttuose». Ma dietro la storia pubblica di questo decreto c’è la storia più privata di un confronto difficile proprio sui tagli di spesa. Con Renzi, da una parte, deciso a far valere le scelte politiche su un menù dei tagli, quello di Cottarelli, che a Palazzo Chigi è apparso per molti versi impraticabile. E un ministero dell’Economia, dall’altra, che ha fatto continuamente presente che per avere coperture certe e permanenti era necessario prendersi la responsabilità di tagli dolorosi. Padoan la racconta così: «Le proposte iniziali sui tagli erano molto ampie, poi da Palazzo Chigi si è deciso di usare una base più ristretta. È stata una decisione politica che, a ragione, la presidenza del Consiglio ha ritenuto di adottare». Ecco così che il capitolo delle pensioni è rimasto fuori. Così come quello della sanità (tranne poi vederlo rispuntare con i tagli regionali). Anche sugli stipendi pubblici alla fine è stato messo solo il tetto massimo, ma sono stati cancellati quelli intermedi. La scelta di delegare 2,1 miliardi di tagli a ministeri, Regioni e Enti locali ricorda poi le manovre dei governi precedenti... «Questo no. La novità c’è ed è importante. Perché noi diamo obiettivi da rispettare e soprattutto indichiamo benchmark ai quali conformarsi. Se le amministrazioni non lo faranno scatterà un taglio più brutale». Nella «ristrettezza» delle scelte sulla spending review si è deciso di appesantire il prelievo fiscale sulle banche; non c’è il rischio di aggravare la stretta creditizia? «Siamo consapevoli che le banche forniranno un contributo importante, ma siamo anche convinti che non per questo faranno mancare il credito in questa fase delicata». La Banca d’Italia ha evidenziato che nel 2015 molti tagli di spesa sono già opzionati e che c’è più di un rischio che il bonus non possa essere finanziato adeguatamente. «Ho ascoltato l’audizione del vicedirettore Signorini. Ne ho anche parlato in Bankitalia. Non mi impunterei troppo su quella frase, mi sembra che vada fatta una valutazione più ampia». Intanto nessuna frenata sul fronte delle privatizzazioni e delle dismissioni: «Su Poste il cambio di amministratore delegato non avrà impatto sui tempi previsti per la cessione di quote». Confermato, quindi, che l’operazione è attesa per il 2014. Sulle dismissioni immobiliari «dobbiamo lavorare ventre a terra», ma «le difficoltà sono tante», a cominciare «dai cambi di destinazione d’uso». Programma complesso, ci vorrà la collaborazione di tutti, mi conferma che con Renzi tutto bene? «Gliel’ho detto, conversazioni fruttuose». E tra le strutture del Mef e quelle di Palazzo Chigi? «Abbiamo strutture che sono fatte da dirigenti e funzionari di valore e abbiamo un presidente del Consiglio molto innovativo. Bisogna tenere insieme il tutto. E per ora lo si fa bene».

Fabrizio Forquet, Il Sole 24 Ore 22/4/2014