Simonetta Scarane, ItaliaOggi 22/4/2014, 22 aprile 2014
LA CINA RALLENTA ANCORA IL PASSO
La crescita economica cinese ha rallentato nel primo trimestre dell’anno, scendendo a 7,4% rispetto al 7,7% del quarto trimestre 2013. Il suo ritmo è diventato più debole da un anno e mezzo a questa parte secondo la statistiche ufficiali appena pubblicate. Il sentiment nell’economia reale è piuttosto negativo, più di quanto le cifre facciano trapelare.
Pechino lascia che lo yuan si deprezzi rispetto al dollaro, come sta avvenendo da gennaio, con l’obiettivo di sostenere le proprie industrie esportatrici dal momento che le forniture della Cina all’estero hanno rallentato del 6,6% a marzo. A frenare, per prima, è stata l’industria delle costruzioni. La crescita degli investimenti in infrastrutture è scesa al 17,6% rispetto ai primi tre mesi del 2014: era a quota 19,6% nel dicembre 2013. È l’effetto della frenata del mercato immobiliare in parecchie città anche se a Pechino e Shanghai ancora regge. Dello stesso tenore l’indice della produzione industriale che a marzo si è attestata a quota 8,8%, in leggero miglioramento rispetto a febbraio (8,6%), ma comunque piuttosto debole rispetto all’inverno appena passato (10% a novembre, 9,7% a dicembre 2013). Inoltre, la Cina ha visto diminuire dell’11,3% le sue importazioni a marzo, un segnale della prudenza che sta animando i consumatori dell’ex Impero celeste. Di fronte a questa situazione, il governo dovrà varare misure di rilancio, e non soltanto annunciarle, per raggiungere l’indice del 7,5% di crescita attesa per il 2014. Il governo della seconda economia mondiale già a marzo aveva deciso di sostenere la crescita attraverso un alleggerimento della pressione fiscale per le piccole imprese, la riqualificazione dei quartieri degradati, e la costruzione nel 2014 di un migliaio di chilometri di linee ferroviarie supplementari. Tuttavia, sono in molti a chiedersi se Pechino sia in grado di fare di più per mantenere i suoi obiettivi di crescita che dovrebbero comportare la creazione di dieci milioni di posti di lavoro complessivamente nell’anno. Del resto, una certa prudenza e flessibilità al riguardo, che sono un inedito per il partito comunista, erano state espresse dal primo ministro cinese, Li Keqiang, quando a marzo ha fissato il suo obiettivo di crescita al 7,5%. Nessuna misura di rilancio a corto termine, aveva detto, motivandolo con la necessità di dare un segnale di discontinuità per non assimilare la politica di sostegno alle imprese al gigantesco piano di rilancio da 4 mila miliardi di yuans (464 miliardi di euro) contro la crisi attuato a partire dal 2008. Un piano che ha dopato la crescita, ma anche ha aumentato il grado di indebitamento delle imprese dello stato con la moltiplicazione dei progetti, di infrastrutture di trasporto, di nuovi quartieri e anche della corruzione. Con l’avvento del presidente Xi Jinping, nel novembre 2012, la politica ha mirato più alla riforma economica, all’inquadramento delle compagnie pubbliche e alla lotta contro la corruzione e alla retorica della frugalità: fare meno veloci ma meglio. Così, serve una rassicurazione sulla linea di politica economica. Nell’estate 2013 erano state adottate misure di sostegno che avevano avuto l’effetto di dinamizzare la crescita nella seconda metà dell’anno. Tuttavia, ecco che di nuovo l’economia cinese sta perdendo quota e il governo dovrà evitare che il rallentamento del mercato immobiliare produca uno stallo. Certe riforme annunciate dovranno essere compatibili con il passo rallentato dello sviluppo. Secondo l’economista Li Wei è chiaro che la crescita non è rimbalzata anche perché la domanda di crediti non è ripartita. Ora, finché la ripresa non si presenterà all’appuntamento Li Kequang dovrà accelerare sugli investimenti e sostenere il mercato immobiliare.
Simonetta Scarane, ItaliaOggi 22/4/2014