Alberto Mattioli, La Stampa 20/4/2014, 20 aprile 2014
“SE SI METTE ALL’OPERA LA COPPIA NON SCOPPIA”
[Intervista a Michele Mariotti e Olga Peretyatko] –
Nell’ambiente, non c’è niente di più temuto di marito e moglie (o marito e marito, più raramente moglie e moglie) che si mettono all’opera insieme. Di regola, la coppia fa scoppiare sovrintendenti, colleghi e pubblico, perché fatalmente uno/a è più bravo dell’altro/a ma impone di scritturarlo, con ricatti tipo o tutti e due o nessuno. Tipico e frequentissimo il caso della primadonna divina con marito direttore scarso, ma ci sono stati anche tenorissimi con consorti aspiranti registe, celebri mezzosoprani con compagni bassi così così (almeno due casi celebri), un direttore con convivente regista, eccetera.
L’eccezione che conferma la regola è la coppia molto glam e molto in carriera formata da Michele Mariotti e Olga Peretyatko, lui direttore d’orchestra, pesarese, 35 anni, lei soprano, russa, un anno di meno. La stranezza è, intanto, che si sono incontrati a un Sigismondo e sposati dopo una Matilde di Shabran (macché le solite Traviate o Bohème) e poi che stiano facendo entrambi una gran carriera, ma ognuno per conto suo. Eccezione che conferma l’eccezione alla regola, I Puritani di Bellini in questi giorni al Met, dove Mariotti dirige la Peretyatko. Ed è andata benissimo: Anthony Tommasini, attualmente uno dei pochi critici leggibili, ha lodato sul New York Times la «clear, shimmering voice» di lei e la «lyrical expression» di lui. L’intervista doppia s’impone.
Lo sapete che le coppie liriche funzionano di rado?
Lui: «Sì, ma noi lo siamo solo nella vita, non sul lavoro. Ognuno ha la sua carriera. È raro che lavoriamo insieme. Se capita, bene; se non capita, bene lo stesso. Quindi non c’è nessuno dei soliti problemi».
Lei: «Io ho la coscienza pulita. In pratica, abbiamo iniziato a lavorare nello stesso momento. Nessuno può dire che uno ha raccomandato l’altra e viceversa. Anzi, quando ho formato il contatto per questi Puritani non sapevo nemmeno che li avrebbe diretti mio marito».
Ma se uno sbaglia un attacco l’altro che fa? Divorzia?
Lui: «Io sono un tipo tranquillo. Tutti i cantanti le diranno che non mi arrabbio quasi mai. Figuriamoci con mia moglie».
Lei: «Ma no, stimo moltissimo mio marito anche come musicista».
Lui: «Anche la signora Pina “stimava moltissimo” Fantozzi».
Per questo Bellini il Met ha riesumato un allestimento del 1976 (dopo Cristo, occorre precisare) montato a suo tempo per la Sutherland e Pavarotti. Come ci si sente, nell’archelirica?
Lei: «Io, benissimo. Faccio senza problemi regie moderne, ma per una volta mi stanno bene anche le scene dipinte e i costumoni d’epoca».
Lui: «Io preferirei non rispondere. Scenicamente, questi Puritani sono un concerto in costume. Quelli precedenti, che ho diretto a Parigi, erano sbagliati per eccesso di novità. Una via di mezzo, mai?».
Viaggiando tutto il tempo non dev’essere facile tenere in piedi un matrimonio. Oppure funziona proprio per questo?
Lei: «A volte è un po’ dura. Adesso lui è stato a dirigere a Chicago e per due mesi non ci siamo visti».
Lui: «È un continuo rincorrersi. Diciamo che se siamo nello stesso continente riusciamo quasi sempre a vederci almeno qualche giorno».
Alla Scala, Peretyatko ha avuto un gran successo conLa sposa dello Zare tornerà la prossima stagione per l’Otello, quello di Rossini. Mariotti fu applaudito per unBarbieredi Siviglia ma poi alla Scala non si è più visto. Come mai?
Lui: «Un caso. Dopo quel Rossini mi hanno offerto almeno quattro titoli, ma per una ragione o per l’altra non potevo mai. Con Lissner i rapporti sono ottimi, tanto che mi ha già invitato all’Opéra per Traviata».
Lei: «La Scala è come il Met: grandissimi teatri, ma non più pericolosi di altri. In ogni caso, meglio arrivarci un po’ più tardi che troppo presto».
E a Torino, mai?
Lei: «Sì, nella prossima stagione lavoreremo al Regio, di nuovo insieme e di nuovo per I Puritani. Sono contentissima».
Lui: «Io da solo anche il 2 giugno prossimo all’Auditorium, con l’Orchestra della Rai per la Festa della Repubblica».
Solito programma patriottico?
Lui: «Nella prima parte, sì: Rossini e Verdi. Nella seconda, no: l’Ottava di Dvorak».
Alberto Mattioli, La Stampa 20/4/2014