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 2014  aprile 19 Sabato calendario

QUEI POVERETTI DEL BASEBALL DI PROVINCIA


Lo stipendio minimo di un giocatore della Mlb è mezzo milione di dollari l’anno. All’estremo opposto, i rookie delle Minor Leagues intascano un massimo di 1.100 dollari al mese, fra i 5.500 e i 6.600 per la stagione (se vanno ai playoff), oltre a un bonus d’ingresso mediamente attorno ai 2.500 dollari. Dalla metà degli Anni 70, il salario della Mlb è aumentato del 2.000 per cento, quello della Milb è appena raddoppiato – ma con l’inflazione si è in realtà più che dimezzato: i 500 dollari dell’epoca valgono 2.300 di oggi. Nella TripleA, il massimo livello delle Milb, uno stipendio tipico arriva a 2.150 dollari al mese (sempre per cinque/sei mesi). In tutti i casi, è sotto il livello federale di povertà: 11.490 dollari per un single e 23.550 per una famiglia di quattro persone. Un ragazzo che lavora in una catena di fast food prende fra i 15 e i 18 mila dollari l’anno, per 40 ore settimanali e gli straordinari pagati al 150 per cento. Nelle Minor Leagues le ore sono comprese fra le 60 e le 70 (con un giorno di riposo ogni due o tre settimane), e non sono riconosciuti gli straordinari. In più, anche se pagato da aprile ad agosto, un giocatore è a disposizione anche per gli altri sette mesi e deve partecipare a eventuali riunioni e allo spring training. Gratis.
Fuori stagione tutti fanno un altro lavoro. Lucas Mann ha vissuto la stagione 2010 con i LumberKings di Clinton, Iowa (poi ci ha scritto un libro: Class A, Baseball in the Middle of Everywhere): uno era impiegato in una catena di forniture per uffici, un altro faceva il giardiniere, alcuni che venivano dal Venezuela cercavano perfino di risparmiare per mandare qualcosa a casa. Vivevano nei peggiori condomini della città, dormendo in quattro per stanza su materassi allineati per terra. In trasferta s’andava in autobus, viaggi di anche dieci ore, con una diaria di 25 dollari al giorno.
Il contratto della Milb viene discusso fra la Mlb e il sindacato dei giocatori, dove per altro quelli delle Minor Leagues non sono rappresentati. Diventano free agent solo dopo sei anni, se non riescono a fare il salto nel grande circo del baseball. È il miraggio che tutti inseguono. E una vita di stenti fa parte della retorica del gioco, celebrata in film e libri, assieme a un ideale ingenuo e nostalgico, quello che lega le promesse del baseball alla vita delle cittadine americane sperdute in mezzo al nulla. Ma la realtà non è più quella di talentuosi ragazzetti che ci provano, come Robert Redford in The Natural. È fatta di professionisti che dedicano anni all’inseguimento di un sogno, con stipendi tanto bassi da essere illegali. E pochissimi ci riescono.
Così, una ventina di ex giocatori della Milb ha avviato una class action contro una lega che guadagnerà quest’anno 9 miliardi di dollari. Se il giudice la accetterà, il commissioner Bud Selig e 19 franchigie andranno a giudizio. L’esposto comincia così: “Gli accusati sono membri del cartello conosciuto come Major League Baseball. L’organizzazione risale al XIX secolo. Purtroppo, per molti suoi dipendenti, i salari e le condizioni di lavoro sono rimaste quelle”.
Non è sorprendente che si siano decisi a questo passo. Ma che lo abbiano fatto solo ora.