Matteo Sacchi, Il Giornale 23/4/2014, 23 aprile 2014
Un saggio ripercorre i grandi classici della risata di Antonio De Curtis. Il comico aveva compreso i meccanismi del potere: perciò li ridicolizzava
La domanda è proprio quella là, quella che ha fatto sorridere milioni di italiani di diverse generazioni: «Siamo uomini o caporali?». Surreale come solo le invenzioni di Antonio De Curtis ( 1898-1967), in arte Totò, sanno essere. Questa domanda lui se la pose la prima volta durante il servizio militare nella Prima guerra mondiale. Sottoposto alle continue angherie di un commilitone più anziano, trasformò un fatto umiliante e doloroso in uno spunto comico, anzi in una riflessione sul potere, sui suoi usi e i suoi abusi, che avrebbe poi attraversato moltissimi dei suoi film e dei suoi spettacoli.
E forse il più italiano dei comici è riuscito a conquistare così tanto pubblico perché dentro ogni suo sketch c’è quel passaggio in più, quella riflessione che non ti aspetti e che lui ti regala anche senza parole, con una sola espressione. Quando però si cerca di indagare il meta messaggio che c’è dietro, bisogna far ricorso alla psicologia. E si scopre che Totò, a volte addirittura prima che la scienza dicesse la sua, ha messo in burla i meccanismi profondi della psiche. Per rendersene conto, niente di meglio che leggere Siamo uomini e caporali. Psicologia della (dis)obbedienza di Salvatore Cianciabella (Franco Angeli, pagg.158, euro 19, con una nota introduttiva di Liliana De Curtis). Cianciabella, psicologo e formatore, ha analizzato come viene declinato il tema del potere nelle opere del comico partenopeo e, film dopo film, ne ha estratto lezioni strabilianti.
A esempio lo psicologo americano Philip Zimbardo, che tra l’altro firma la prefazione al volume, è diventato famoso studiando l’«effetto Lucifero». In che cosa consiste? Se si fa indossare un’uniforme a qualcuno e gli si dà del potere, il suo comportamento può cambiare all’improvviso. Spesso non in meglio. Insomma, una trasformazione subitanea in feroci «caporali». Zimbardo, nel 1971 per verificarlo ha simulato una situazione carceraria con studenti dell’Università di Stanford: l’esperimento dovette essere sospeso per gli eccessi delle guardie improvvisate.
Totò declina il tema con anni di anticipo in molti film, partendo proprio da Siamo uomini o caporali del 1955. La trama? Totò è una comparsa teatrale e, stanco delle angherie che subisce dall’amministratore del teatro, minaccia di ucciderlo: viene però sbattuto in una clinica psichiatrica. Allo psicanalista Totò racconta la storia di tutti i soprusi che gli sono capitati. «Dottore deve sapere che è da sempre che il caporale mi perseguita... I caporali sono, appunto, coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano... Li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza averne l’autorità, l’abilità o l’intelligenza... ».E i più, gli«uomini » che cosa fanno? Obbediscono.
Perché l’autorità li piega, come nel film Totò diabolicus dove Totò incarna tutti i volti del sopraffattore che usa la sua carica per intimorire: marchese, baronessa, generale fascista, chirurgo, monsignore. Oppure la parvenza dell’autorità li inganna e fa loro credere qualunque cosa, come in Totòtruffa ’ 62 . Al film Cianciabella dedica alcune delle sue pagine più interessanti e dimostra come la pellicola sia un autentico manuale della circonvenzione. Ottenuta sfruttando false cariche, attraverso il gioco del “poliziotto buono e di quello cattivo”, oppure il meccanismo della riprovazione sociale... Insomma quel «Lei non sa chi sono io...» che fa capolino in tantissimi film del Principe della risata.
Quindi contro il potere non c’è speranza? No, Totò incarna anche personaggi capaci di rivolta, e sono i più divertenti. E Cianciabella ci dice che esistono davvero, anche se sono una minoranza. Uno magnifico è in I due colonnelli .
La scena in cui Totò si rifiuta di obbedire al maggiore tedesco, che continua ripetere che lui «ha pieni poteri... ha carta bianca» e gli ordina di bombardare un paese pieno di civili, si chiude con una battuta lapidaria: «Lei ha carta bianca? E ci si pulisca il culo!». E Guardie e ladri , con Aldo Fabrizi, mostra invece come il lato umano, la vicinanza, possa prevalere sul dovere cieco. In effetti Totò amava incarnare un pinocchio fragile e umano, capace di rompere i fili da marionetta, di dire, con altra celebre battuta: «Vostro Onore, mi oppongo: mi oppongo a tutto, a priori». Come si capisce bene dal saggio, quelle “maschere” sono convincenti perché Totò le aveva modellate sull’esperienza. Altro che «Quisquilie, bazzecole, pinzillacchere... ».