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 2014  aprile 18 Venerdì calendario

IL CASO BRUTI-ROBLEDO APRE LA CAMPAGNA PER IL CSM


L’esplosione sarà ritardata. E rischia di condizionare in maniera pesante la campagna elettorale per l’elezione del prossimo Csm prevista nella prima settimana di luglio. L’affaire Robledo versus Bruti Liberati, due toghe doc che hanno firmato indagini che hanno segnato la storia degli ultimi vent’anni del Paese, è una brutta storia che forse era il caso di risolvere in fretta e chiuderla lì. Tenerla in piedi, addirittura raddoppiarla come ha deciso ieri il Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura, ha invece l’effetto neppure troppo nascosto di farne oggetto di regolamento di conti tra due delle correnti storiche dalla magistratura: quella di sinistra, Area, che raccoglie Magistratura democratica e Verdi; quella di centrodestra, Magistratura indipendente, che anche le primarie per la selezione dei candidati togati hanno dato in forte crescita.
Non è certo per questo, per fini – diciamo così – politici, che è cominciata la guerra tra Alfredo Robledo e Edmondo Bruti Liberati. Il primo è uno dei sette procuratori aggiunti della procura di Milano nonché per dirne una il pubblico ministero che per primo nel 2006 tirò il filo rosso delle società off shore della Fininvest e puntò il dito contro l’avvocato inglese David Mills. Più di recente Robledo, 64 anni, coordinatore del pool di magistrati contro la pubblica amministrazione e legato alla corrente di Magistratura indipendente, ha firmato le inchieste sulla Lega Nord e su Formigoni. Edmondo Bruti Liberati guida da quattro anni la procura di Milano ed è da anni mente pensante nonché leader di Magistratura democratica.
Il 17 marzo il Corriere della sera rivela che tra i due è in atto uno scontro di vertice senza precedenti sia per la qualità dei protagonisti che per la tipologia delle accuse. Robledo infatti ha presentato tre esposti (titolo assai evocativo: «Fatti non foste per vivere come Bruti») al Csm, alla sua diramazione distrettuale milanese e al capo della procura generale di Milano Manlio Minale con accuse feroci.
Nell’esposto si parla di «non più episodici comportamenti» con i quali il procuratore Bruti «ha turbato e turba» la normale conduzione dell’ufficio svuotando il pool di reati contro la pubblica amministrazione guidato da Robledo e privilegiando l’assegnazione dei fascicoli più delicati (il processo Ruby a Silvio Berlusconi per concussione; l’indagine su San Raffaele-Formigoni per corruzione e il fascicolo sulla turbativa d’asta Sea-Gamberale) agli aggiunti Ilda Boccassini (capo dell’antimafia) e Francesco Greco (pool reati finanziari).
«Alcune scelte fatte da Bruti sono in contrasto con l’obbligatorietà dell’azione penale», ha scritto Robledo nell’esposto. Una bomba, appunto. Anche perché, tre giorni dopo, lo stesso Bruti ha ammesso che in effetti ci fu un ritardo nell’assegnazione del fascicolo su Vito Gamberale per turbativa d’asta: da inizio dicembre 2011 a metà marzo 2012. «Per una mia esclusiva deplorevole dimenticanza», ha ammesso il procuratore.
Tra imbarazzi e silenzi, il Consiglio superiore della magistratura ha subito avviato un’indagine. All’inizio di questa settimana la Prima Commissione presieduta dal laico di centrodestra Annibale Marini ha sentito il procuratore generale Minale (che ha minimizzato: «Tra i due c’è un rapporto compromesso da reciproci pregiudizi ma non c’è mai stato alcun ostacolo alle indagini») e poi Bruti e Robledo. Il quale ha rincarato la dose raccontando che quattro anni fa, quando palazzo dei Marescialli lo ha nominato aggiunto, Bruti gli rinfacciò di essere stato eletto con un voto di scarto. Voto che era arrivato da Magistratura democratica e che, se solo Bruti avesse voluto, non sarebbe mai stato espresso. Non solo: secondo Robledo «ci sono state tensioni anche nell’inchiesta Podestà», l’ex presidente della Provincia di Milano, membro del Pdl, al centro dell’inchiesta sulle firme false per le regionali del 2010.

L’INDAGINE SI SDOPPIA
Ieri la Prima commissione che si occupa di eventuali incompatibilità doveva decidere fra tre opzioni: un supplemento di istruttoria; archiviazione; trasferimento d’ufficio per incompatibilità funzionale. Tra le toghe, proprio per l’avvicinarsi del rinnovo della consigliatura, l’auspicio era la risoluzione del conflitto per mancanza di presupposti. Ma non è andata così.
L’indagine è stata sdoppiata: la VII commissione dovrà accertare se alla procura di Milano – come sostiene Robledo nel suo esposto – sono state violate le regole nell’assegnazione dei fascicoli. Tra l’altro, nella stessa Commissione, ci sono pratiche analoghe (esposto di Formigoni e un altro contro il pool antimafia guidato da Boccassini). La Prima, dovrà accertare se di fronte allo scontro in atto, si siano determinati i presupposti che richiedono il ricorso allo strumento del trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale o funzionale.
È quasi escluso che gli accertamenti possano essere conclusi da questo Csm che scade a fine giugno, e nei fatti tra feste, ponti e settimane bianche (quelle di pausa in cui si studiano i fascicoli) ha davanti a sé poco più di un mese di attività. Che poi è anche il mese della campagna elettorale. A luglio, tra l’altro, scade anche l’incarico di Bruti alla guida della procura. Può essere confermato per altri quattro anni. Anzi, questa è la convinzione.
Ecco che la bomba innescata può essere usata da chi vuol condizionare la campagna elettorale nella battaglia, neppure troppo segreta, tra Magistratura indipendente e Area. Ma può anche essere usata per farla pesare nella valutazione che il prossimo Csm dovrà fare sulla conferma di Bruti alla guida della procura di Milano. Che nel manuale Cencelli della giustizia pesa tanto quanto quella della Capitale.


Claudia Fusani
@claudiafusani