Roberto Zanni, Corriere dello Sport 19/4/2014, 19 aprile 2014
PUIG, UNA VITA DA ROMANZO
Non è nemmeno passato un anno dal debutto nella Major League di baseball di Yasiel Puig, ma il ventitreenne outfielder cubano è già una star da 42 milioni di dollari, contratto di sette stagioni con i Dodgers di Los Angeles, il club tra i cui proprietari c’è anche Magic Johnson. Era quello che Puig cercava: non ce la faceva più con la paga di stato, 17 dollari al mese a Cuba. Per questo motivo, come tanti prima di lui, per quattro volte aveva cercato di fuggire dall’isola. Tutti tentativi finiti male, ma Puig del suo passato non parla, anzi a dire il vero, parla poco di tutto. Un silenzio che, se all’inizio aveva solo insospettito, adesso ha trovato una spiegazione. Una denuncia presentata proprio al tribunale di Miami e le indagini portate avanti per mesi da due giornalisti del Los Angeles Magazine e Espn Magazine hanno svelato l’incredibile verità che si nasconde dietro questa nuova stella del baseball che ha ridato entusiasmo al Dodgers, che spendono tanto, ma senza vincere.
LA GRANDE FUGA. Cosa si nasconde dietro la potenza sul diamante di Yasiel Puig? Davvero di tutto. Dagli scafisti legati a uno dei cartelli della droga più potenti del Messico a chi le tratte di essere umani le organizza. Dai blitz alle minacce di morte fino alle esecuzioni, a colpi di pistola. Dalle denunce agli accordi con le autorità cubane. Intrighi, accordi fatti e forse non mantenuti. Puig, quando era ancora a Cuba, per ripulire la propria immagine, avrebbe fatto anche il delatore, denunciando chi praticava la tratta di esseri umani. Poi un giorno dell’aprile del 2012, Puig assieme a quella che allora era la fidanzata, a un amico ministro della santeria, pratica religiosa molto comune, e al pugile Yunior Despaigne, con quale era legato fin dall’infanzia, lascia Cienfuegos, la città natale, nell’isola caraibica, per dirigersi in macchina a Playa Giron, quindi a Playa Larga e infine, camminando e poi a nuoto all’ingresso della Baia dei Porci. Lì c’era l’appuntamento con gli scafisti, che avrebbero dovuto portare il gruppo in Messico. Per una vecchia, e ormai inutile regola della MLB, i giocatori esuli cubani se diventano residenti di un terzo Paese prima di arrivare negli States, saltano il Draft e possono essere ingaggiati come free agent, il che vuol dire contratti faraonici come quello di Puig.
Lo sanno tutti: così da Miami era stato un pregiudicato, Raul Pacheco, ufficialmente riparatore di impianti di climatizzazione, a organizzare la grande fuga, in cambio, ovviamente di denaro, il 20% sui contratti futuri di Puig. E se in Messico ci vogliono quattro anni per ottenere la residenza, a Puig sono bastati 15 giorni (e 20.000 dollari ai funzionari corrotti).
ISLA MUJERES. Ingaggiati per portare il quartetto fuori da Cuba erano degli uomini legati a ‘Los Zetas’, uno dei narco-cartelli più potenti e pericolosi del Messico. Con un velocissimo motoscafo dalla Baia dei Porci all’Isla Mujeres, vicino a Cancun, non ci vuole molto. Solo che qui, c’è il primo intoppo: gli ‘smugglers’, i trafficanti, alzano la posta, da 250.000 a 400.000 dollari per fare continuare il viaggio. Pacheco non ci sta e allora organizza un blitz (costato $250.000) per il liberare il quartetto.
Ci riesce, Puig e gli altri vengono così portati a Cancun, poi a Città del Messico, a Hidalgo e infine negli Stati Uniti (chiedendo asilo politico in base al “Cuban Adjustment Act del 1966, qui tutto regolare) dove nel frattempo Puig era stato offerto, a prezzi sempre più elevati ai grandi agenti del baseball.
RICATTI. «Un giorno un uomo, a Miami, mi ha spinto contro la mia macchina, mi ha puntato una pistola al fegato e mi detto di riferire a Puig che se non fossero stati pagati l’avrebbero ucciso». È la testimonianza di Despaigne, il compagno di fuga, scritta nella denuncia, presentata a Miami contro il giocatore dei Dodgers, da parte di Miguel Angel Corbacho Daudinot: è l’uomo in carcere a Cuba per le accuse di Puig. Intanto ‘Leo’, uno degli smugglers, alla fine del 2012 viene trovato morto vicino a Cancun, giustiziato a colpi di pistola.
MISURE DI SICUREZZA. Si dice anche che Puig avrebbe pagato parte dei soldi richiesti, ma le minacce sono arrivate fino agli spogliatoi dei Dodgers. Despaigne dice di essere preoccupato per la propria incolumità, Puig non dice nulla, mentre MLB e i Dodgers si sono rifiutati di parlare delle misure di sicurezza adottate. Di sicuro non è finita qui.
roz/ecp