Daniela Amenta, l’Unità 20/4/2014, 20 aprile 2014
LA PAROLA È RIVOLUZIONE – [IL CELEBRE RAPPER FRANKIE HI-NRG PARLA DI SÉ, DI SANREMO E DELLO ZECCHINO D’ORO–]
FRANKIE HI-NRG È IL RE DELLA METRICA. SCRITTURA PAROSSISTICA, RAP BIANCO E TAGLIENTE, VERSI CHE SI INCASTRANO, RIME BACIATE SORPRENDENTI. Frankie, il maestro delle cerimonie della parola, è come un salmone e va in direzione ostinata e contraria. In questi tempi affollati, tempi di affabulazione costante, fa le sue cose con calma, grande calma. Cinque album in studio in 22 anni di onorata carriera. L’ultimo, Essere umani, è un’opera autoprodotta, la prima dopo una serie di contratti con le multinazionali della musica. Un disco che troverete integralmente su YouTube, scelta precisa dell’artista di Città di Castello. «Non è un disvalore, bisogna dare fiducia al pubblico. Facilito l’operazione a chi intende scaricarselo. Così è tutto legale. Potete ascoltarlo e se vi piace comperarlo, ovvero diventare azionisti di un progetto. Io mi mantengo facendo musica. Un disco è lavoro, è industria. Il consumatore deve averne consapevolezza. Acquistare un prodotto culturale è un’azione politica, vuol dire partecipare con coscienza ad un’operazione artistica senza rimanere semplici fruitori. Vuol dire compiere un gesto di stima nei confronti di chi ha scritto quei pezzi e li ha suonati, garantirsi un oggetto che rimane nel futuro, come un pacchettino di post-it dove appiccicare i ricordi di una vita».
All’inizio della sua carriera fu molto criticato dagli antagonisti del rap, dal centri sociali. Scelse un major per pubblicare il suo primo disco «Verba Manent». Ora invece, in controtendenza, ha preferito l’autoproduzione.
«All’epoca ero molto giovane e inesperto, non conoscevo il mondo della discografia. Oggi è diverso e sono convinto di aver fatto la cosa giusta. Ho il controllo totale del mio lavoro, a partire dall’idea iniziale fino alla fruizione conclusiva del prodotto. Un tripudio artigianale nel quale mi muovo con grande piacere. Mi assumo le mie responsabilità, anche economiche, ma non ho paletti di alcun tipo. Questo vuol dire crescita e coscienza».
Dopo Sanremo, è stato chiamato a fare il giurato allo Zecchino d’Oro.
«Bella esperienza. Ho fatto parte di una giuria altamente qualificata che ha selezionato i brani della nuova edizione. Sono rimasto molto impressionato: ci sono ragazzini che sanno veramente cantare, che hanno talento da vendere. Le canzoni si dividono più o meno in due categorie, quelle che definirei del “nanetto pasticcione” dedicate ai piccolissimi, e quelle più alla Disney per i grandicelli. Allo Zecchino, poi, si esibiranno dal vivo, senza rete. Va ribadito un concetto: i bambini sono straordinari. Sanno fare bene, conoscono il senso della solidarietà. C’è questo programma che si intitola junior MasterChef e che è approdato anche in Italia. Una sfida per piccoli cuochi. Se nella versione per gli adulti il programma mostra tutto l’astio della competizione, le invidie e le ritorsioni tra concorrenti, in quella per bambini c’è la gioia di cucinare, il piacere di aiutarsi l’uno con l’altro, una festa di buoni sentimenti».
Ma così non rischiamo di perderci l’infanzia? Alziamo di continuo l’asticella, costringiamo i bimbi a fare le stesse cose del grandi. È appena uscito un libro della sociologa Marina D’Amato che descrive con allarme e chiarezza un mondo di piccoli adulti, figli di adulti bambini.
«Non credo, perché sia i junior chef che i partecipanti allo Zecchino scendono in campo per puro piacere, perché fondamentalmente è un gioco. Il vero problema è che non abbiamo più città a misura di bambini, quindi riempiamo il loro tempo extrascolastico con milioni di corsi e attività sportive. Rimpiango i cortili, dove ci si conosceva giocando, fuori dal branco della classe o degli spazi limitati della piscina o della lezione di inglese. Rimpiango anche i genitori che ti aiutano a salire piano piano sulla rampa di lancio per farti spiccare il volo».
«Essere umani», che cita in qualche modo la lezione di Vittorio Arrigoni, è un disco molto differente dai precedenti. Si parte dal privato, dal personale, per arrivare alla politica.
«È così, è vero. Questa volta l’approccio è stato compassionevole, ho voluto raccontare il popolo italiano con maggiore partecipazione, quasi con empatia. La comprensione della società in cui viviamo, società complessa, non può essere limitata alla denuncia, alla censura. Per esempio, prendiamo il tema scottante della ludopatia. Ecco, non basta e non serve a nessuno trattare il giocatore come un malato che se l’è cercata. Dietro c’è un uomo che ha mille casini, l’anima a pezzi. Non possiamo continuare ad agitarci con le etichette in mano da incollare sulle spalle dei deboli, di chi sbaglia».
Non era così con «Quelli che benpensano», uno del suoi brani più famosi, tanto che ormai viene citato anche nelle fiction. Un J’accuse potente di un sistema allo sbando.
«Quel pezzo è come un Blob. Spezzoni di vita che si rincorrono, quasi avulsi, che facevo correre con le parole ma senza giudicare. Questa volta il processo è più complesso. Compio una rivoluzione dentro prima della rivoluzione fuori, filtro la realtà attraverso il personale».
La sua capacità di usare le parole, farle suonare, mescolare i termini, dare vita a rime impreviste è una grande qualità. «Ovvio», ad esempio, è una canzone che tratta il femminicidio intellettuale. E non è facile che un uomo sappia affrontare temi del genere con tanto rispetto.
«Dirò una cosa scomoda. Penso che in taluni casi siano le donne le esecutrici materiali del disastro perpetrato ai loro danni. Donne che si adeguano ai dettami del sistema: performanti, macchine perfette, fighe. E temo che non saranno le quote rosa a cambiare le cose. Negli stessi giorni in cui le parlamentari di ogni schieramento vestivano t-shirt bianche per la parità di genere, una ragazza era costretta ad abortire da sola nel bagno di un ospedale popolato da medici obiettori, una ragazza alla quale è stato negato il diritto della diagnosi preimpianto. Penso che dovremmo tornare ad occuparci delle questioni che abbiamo dato per acclarate ma che la politica ha tradito, penso che il disrispetto della vita debba essere al centro di qualunque agenda».