Michele Di Salvo, l’Unità 22/4/2014, 22 aprile 2014
QUANDO L’ECONOMIA DIVENTA UNA COMICA. A 5 STELLE
Ogni volta che Grillo si cimenta in articoli economici, ciò che manca, direbbero gli economisti, sono i fondamentali, i numeri da cui partire e di cui parlare. Come non ricordare che «il programma del Movimento lo ha scritto Stiglitz» noto premio nobel liberal americano, salvo poi scoprire che il professore non conosceva nemmeno Grillo, e che la lettera di appoggio – non avendo scritto il programma – altro non era che un pezzo della prefazione ad un libro commissionata dall’editore? Riepiloghiamo le «cifre sparate a caso», tra cui «il miliardo di fondi all’editoria di partito», che invece sono circa 78milioni all’editoria in generale.
Debito Pubblico: «L’85% del debito non è in mano nostra è in mano alle banche! Di cui la metà straniere: francesi, inglesi, tedesche», ha detto Grillo. In realtà il debito attribuito a soggetti definibili raggiunge solo il 27,3%. A questo va sommata la quota detenuta dalla Banca d’Italia (4%), quindi il debito in mano agli istituti bancari raggiunge il 31,3% mentre la restante somma appartiene a soggetti privati. Le banche straniere detengono solo il 12,3% del nostro debito e non il 50% come sostenuto dal genovese.
E ancora: «Se fallivamo noi ci portavamo dietro la Francia e la Germania quindi tutta l’Europa». Ma nel 2010 la Francia aveva in pancia il 20.93% del debito pubblico italiano, mentre la Germania solo il 7.78%, per un totale complessivo di 28.71%. Il debito complessivo nel 2010 era pari a 1.841.912 milioni di euro.
«Metà del nostro debito è in mano a banche straniere – 511 miliardi ce l’hanno i francesi, 200 miliardi i tedeschi». Il dato fornito da Grillo viene smentito dal Bollettino Statistico di Bankitalia. A maggio 2012 il debito in mano a tutti i non residenti ammontava a 690 miliardi, pertanto tedeschi e francesi non potevano avere in pancia 711 miliardi di debito. E questi Paesi non potevano avere il 50% del nostro debito visto che quello complessivo era di 1966 miliardi: quindi potevano avere solo il 35%.
Uscire dall’Euro: secondo Grillo è un passo obbligato per l’Italia che potrà «svalutare la cara vecchia lira del 40-50%, e anche se ciò non risolverà tutti i problemi economici del Paese, renderà le nostre esportazioni più competitive». In realtà la svalutazione per essere competitivi con la Cina porterebbe a una riduzione del salario di un 60-70%, distruggendo il nostro potere d’acquisto. I prezzi delle materie prime e dei beni di prima necessità costerebbero di più a danno della competitività e c’è il rischio che la lira non venga accettata come moneta di scambio.
Per uscire dall’euro Grillo propone un referendum, già nei 20 punti del programma 5 stelle. A Mirandola il 12 maggio 2013 ha detto: «Noi consideriamo di fare un anno di informazione e poi di indire un referendum per dire si o no all’Euro e sì o no all’Europa». Ricordiamo che i trattati internazionali non possono essere soggetto di referendum. Almeno secondo l’Articolo 75 della Costituzione. Ciò premesso, ecco l’elenco delle dichiarazioni.
1 dicembre 2011: ci sono due posizioni opposte sull’euro, entrambe con pari dignità. Occorre referendum in proposito. 26 aprile 2012: L’euro non può essere un tabù. Si deve poter parlare di uscita dall’euro. Primavera 2012: in un’intervista di Sortino a Grillo: «Io sono per valutare una seria proposta di rimanere in Europa ma uscire dall’euro, con il minor danno possibile». Ad altri giornalisti: «90 su 100 ci riprendiamo la lira». 28 giugno 2012: «Io non sono contrario all’euro in principio. Ho detto che bisogna valutare i pro e i contro e se è ancora fattibile mantenerlo. Ma, se usciremo dall’euro, sarà solo a causa del nostro enorme debito pubblico». 27 dicembre 2012: Referendum sulla permanenza nell’euro. 9 febbraio 2013: Grillo ospita nel suo blog un intervento critico sull’euro, a cura del professor Alberto Bagnai. 22 febbraio 2013, a piazza S. Giovanni: «Io non ho mai detto di uscire dall’Europa, io non ho mai detto di togliersi dall’euro. Voglio una consultazione popolare».
Fiscal Compact: «Se vinciamo le europee aboliremo il fiscal Compact». Ma il Fiscal Compact è un trattato, firmato tra 25 paesi su 28, e non è di competenza dell’europarlamento.
Lira: nel post «Il Diavolo veste Merkel». Grillo pone il nostro paese di fronte ad un’alternativa secca: ristrutturazione del debito oppure ritorno alla lira. Ma fa una serie di errori. Il più clamoroso è: «Solo così l’Italia tornerà a vedere la luce. Una prova? Usciti dallo Sme nel 1992, svalutata la lira di quasi il 20% e riguadagnata la sovranità monetaria, il rapporto debito/Pil scese dal 120% del 1992 al 103% del 2003».
La prova citata da Grillo è falsa. La rapida discesa del nostro indebitamento non è coincisa con la svalutazione della lira, bensì con l’ingresso dell’Italia nell’unione monetaria, formalmente nel 1993 – Trattato di Maastricht – e poi sostanzialmente il primo gennaio 1999, dopo che il nostro governo riuscì a rispettare i parametri previsti dal Patto di Stabilità e Crescita del 1997 adottato al Consiglio europeo di Amsterdam. Fino al 2006/2007 il costo del debito è sceso grazie all’euro, tanto che nessuno sapeva cosa fosse lo spread.
Opere Pubbliche: Grillo ha detto in un comizio del 20 febbraio 2013 che «un terzo del Pil lo spendiamo per opere che crollano e un altro terzo per aggiustarle». Quindi il 66% del Pil sarebbe speso in opere pubbliche. Quali? In realtà si legge dal bilancio dello Stato che tale misura non raggiungeva 1’11% due anni fa e il 9% attualmente.
Province: nel suo post «L’oracolo della Consulta e le province eterne» l’ex comico scrive che i risparmi derivanti dall’abolizione delle province sarebbero di ben 17 miliardi di euro. Ma è così? In realtà no. O meglio, il costo delle province si aggira intorno a quella cifra (erano 14 miliardi nel 2005), poco più della metà andava in istruzione pubblica (18%), trasporti (9%) e gestione del territorio (24%). Il risparmio potrebbe essere di 2 miliardi e non 17.
Slot machines: le aziende delle slot machines hanno evaso 98 miliardi. Sono anni che Grillo ripete questa storia, quindi la domanda è: evasi da quando a quando? Che siano l’evaso annuo? No, visto che tutto il gioco d’azzardo nel 2012 ha totalizzato 80 miliardi di euro. Si tratta in realtà della cifra delle multe calcolate al secondo per i due anni che le slot machines sono state scollegate dalla rete nazionale dei Monopoli di Stato. Infatti la Corte dei conti stabilì che l’importo reale da pagare era 2,5 miliardi. Importo che è stato pagato.
Spread: «L’agenda Monti, sottoscritta con voluttà dal pdmenoelle, prevedeva un solo punto: lo spread, ma lo spread non si mangia e soprattutto non dipende da Monti, ma dalle agenzie di rating internazionali», insomma «è una variabile indipendente dal governo». È una falsità inaudita. Lo spread risente delle scelte politiche economiche di un Paese e della situazione economica della zona euro. Le agenzie di rating esprimono i loro giudizi in base a proiezioni macroeconomiche e politiche.
Unione Europea: Grillo ha detto che la doppia sede del Parlamento Europeo costa 400 milioni l’anno (in realtà sono 200) e che un terzo del bilancio europeo è speso per traduzioni. Il bilancio del 2012, a essere precisi, è di 147 miliardi, e le traduzioni sono costate 330 milioni. Ha citato alcuni grattacieli in bambù che Renzo Piano avrebbe progettato in Australia, ma non esistono. Poi ha detto che la Francia ha un bilancio di 17 miliardi di euro inferiore al nostro. A essere precisi è di 300 miliardi superiore.
Def: nel disperato tentativo di replicare al Def di Matteo Renzi, sul blog ha raggiunto l’apice: «Lo Stato italiano spende circa 800 miliardi di euro ogni anno. Di questi, 100 sono di interessi sul debito, senza questa zavorra avremmo un avanzo primario». La frase di Grillo è sballata: l’Italia spende circa 800 miliardi ogni anno, ed è altrettanto vero che circa 100 miliardi vengono spesi per ripagare gli interessi sul nostro corposo debito. Non è però vero che senza la zavorra degli interessi avremmo un avanzo primario. L’Italia ha già un avanzo primario, che nel 2013 è stato pari al 2,2% del Pil, quindi pari a circa 35 miliardi di euro.