Alberto Di Majo, Il Tempo 19/4/2014, 19 aprile 2014
IL PARLAMENTO È HI-TECH MA PAGA MILIONI IN STAMPE
Più di otto milioni di euro all’anno per stampare atti parlamentari e documenti. Ma, nello stesso tempo, quasi tre milioni di euro per comprare computer e tablet a deputati e senatori. Benvenuti in Parlamento, dove le spese per la carta restano altissime nonostante gli investimenti sulle nuove tecnologie.
Nel 2013 la Camera dei deputati ha impegnato 5.139.999,95 euro per stampare gli atti. Lo stanziamento non scenderà, almeno per ora. Il bilancio di previsione prevede infatti una spesa di 5.245.000 euro nel 2014 e 5.350.000 nel 2015.
Una parte di questi soldi andrà alla società Carlo Colombo spa, la tipografia che nell’ottobre del 2010 ha vinto l’appalto aggiudicandosi la gara europea.
Eppure, da tempo, ogni deputato ha diritto anche a un «assegno informatico»: 2.500 euro all’anno per acquistare, secondo la norma, «monitor fino a 24 pollici, ebook, tablet, pc, tastiere, mouse, webcam, microfoni, cuffie, scanner, cavi ethernet e usb». A Palazzo Madama si arriva, addirittura, a 4 mila euro all’anno per ogni senatore.
In tutto i parlamentari «ipertecnologici» ci costano 2.835.000 euro all’anno. Potrebbero pure pagarsi computer e tablet con il loro stipendio ma se si azzerassero (o quasi) le spese per stampare i documenti sarebbe già una consolazione. Invece niente. C’è stato un calo delle spese per stampare gli atti cartacei nel 2013 (quasi del 20 per cento) ma gli importi restano ancora molto elevati.
Al conto andrebbero aggiunti anche i fondi stanziati per «l’accesso gratuito via internet» alla biblioteca: 785 mila euro, assegnati sempre agli stabilimenti tipografici Carlo Colombo spa.
In compenso, l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha soppresso venti giorni fa il rimborso a forfait delle spese telefoniche di 3.098,74 euro all’anno per ogni deputato e ha previsto, «nell’ambito di un plafond massimo annuo di 1.200 euro, il rimborso delle spese documentate di telefonia, incluso il traffico dati, purché le relative utenze siano intestate al deputato medesimo e le spese stesse siano sostenute nell’esercizio del mandato parlamentare».
Ricapitoliamo. Deputati e senatori hanno a disposizione computer, Ipad e internet gratis, nei loro uffici e fuori, ma il Parlamento spende ancora più di 8 milioni di euro all’anno per stampare gli atti cartacei. Un mistero. Saranno anche piccole spese, visto che la Camera ci costa quasi un miliardo di euro all’anno e il Senato mezzo miliardo, ma è evidente la contraddizione.
Non è tutto. Per l’informatizzazione dei documenti parlamentari Montecitorio ha stanziato nel 2013 quasi 2.800.000 euro, dati sempre alla stessa azienda, la tipografia Carlo Colombo. È una società per azioni (Sistemi tipografici Carlo Colombo spa), che ha sede a Roma. Ha un capitale sociale di 2.700.000 euro. Tra i soci ci sono Giovanni Battista Colombo (20,87% di quote di proprietà e 19,26 di nuda proprietà), Elisabetta Colombo (6% di proprietà), Francesca Addamiano (6%), Anna Lia Barberi (5%), Alessandro Lazzarini Viti (5%). Poi ci sono i soci con solo nuda proprietà: Cristiana Colombo, Daniela Colombo, Letizia Colombo, Rossella Colombo (ciascuno con il 6,47%), Enrico Beomonte (3%), Tiziana Beomonte (3%), Antonio Benedetto Colombo (2%), Marco Colombo (2%), Raffaella Colombo (2%). Infine, hanno l’usufrutto Carlo Maria Colombo, Giancarlo Colombo e Maria Laura Colombo.
Il presidente del Consiglio di amministrazione è Carlo Maria Colombo (oggi ottantacinquenne), il consigliere delegato è Giovanni Battista Colombo, al quale il cda ha delegato una parte dei propri poteri. Carlo Artusi è consigliere e Alessandro Lazzarini è il direttore generale.
Torniamo alle spese della Camera dei deputati. Vanno considerati anche i costi della rilegatura (soltanto nel 2013 sono stati spesi quasi 8 mila euro) e la stampa delle altre pubblicazioni (18.255 euro). Giusto una curiosità: la rilegatura è affidata alla società Boldrini srl, ma la presidente della Camera non c’entra niente. È soltanto un’omonimia.
Passiamo a Palazzo Madama. Nello specifico spende 8.380.000 euro per «servizi informatici e di riproduzione», mezzo milione in più rispetto al 2012. Un’esigenza comprensibile vista la necessità di imprimire una svolta digitale anche al Palazzo. Ma per stampare gli atti parlamentari ha impegnato, sempre nel 2013, ben 3.430.000 euro. Gli atti parlamentari delle due Camere ci costano, dunque, più di 8 milioni di euro all’anno, senza considerare le altre spese collegabili. E se Palazzo Madama ha più volte sottolineato il risparmio previsto nei prossimi anni (100 milioni nel periodo 2013-2016, con una contrazione della spesa in termini reali di quasi il 14% e stipendi-benefici dei senatori ridotti del 20%), le cifre di spesa restano impressionanti: nel 2010 la spesa è stata di 594 milioni di euro, nel 2013 di 541 milioni di euro. Il futuro sembra lontano. Sullo sfondo resta la stessa domanda: ma deputati e senatori non potrebbero usare computer, tablet e la Rete per leggere gli atti in discussione in Parlamento, evitando di stampare e di spendere tutti questi soldi?
Alberto Di Majo