Alberto Gentili, Il Messaggero 19/4/2014, 19 aprile 2014
ECCO LA SELF-REVIEW DEI MINISTRI LA RAGIONERIA PERDE GLI ARTIGLI
ROMA Nel «Giorno della Restituzione», come l’ha battezzato Matteo Renzi («gli 80 euro, ma anche fiducia e speranza»), a palazzo Chigi avviene un miracolo. Per la prima volta nella storia repubblicana un Consiglio dei ministri chiamato a varare una manovra da quasi 7 miliardi di euro si apre e si chiude in appena 90 minuti. E senza un litigio o un borbottio. Senza neppure un sopracciglio alzato. Così, da venerdì di Passione, il venerdì del governo si trasforma in venerdì Santo. Il motivo: con la sponda del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan e la benedizione del premier, i ministri si sono attrezzati alla self-review. «Siamo stati noi», racconta Maurizio Martina, «a indicare dove risparmiare, a scegliere cosa tagliare, infischiandocene delle indicazioni e delle tabelle della Ragioneria».
Il primo a sferrare una sberla ai tecnici del Tesoro è stato Renzi giovedì mattina. Quando ha letto sui giornali le notizie che parlavano di tagli alla Sanità per 2,4 miliardi, ha alzato il telefono e ha chiamato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: «Tranquilla, questa cosa non l’ho decisa io. La fermerò». Ma ancora ieri mattina la Ragioneria ha continuato a sfornare ipotesi di tagli alla Sanità. Così la Lorenzin ha sparato ad alzo zero in una dichiarazione: «Sulla salute delle persone non si può risparmiare. Tagli lineari significano niente farmaci gratis e meno posti in ospedale. Vado alla guerra». E alla guerra, nello stesso momento, è andato anche Renzi d’intesa con Padoan. La conclusione è arrivata con due tweet. Il primo di Renzi in persona, due ore prima l’inizio del Consiglio dei ministri: «Non ci sono tagli alla Sanità». Il secondo della Lorenzin: «Vittoria dei cittadini. Ora è ufficiale: nessun taglio».
«NIENTE DIARCHIA CON PADOAN»
Tant’è che in Consiglio dei ministri - dopo una nuova lunga riunione tra Renzi e Padoan - la Lorenzin non ha neppure preso la parola. Del resto il premier, aprendo il Cdm, è stato chiaro: «Alla Lorenzin do un mozzico in testa, se dà ancora battaglia», ha detto scherzando. E si è messo a illustrare il provvedimento, gli obiettivi («per la prima volta lo Stato restituisce ai cittadini e alle imprese per spingere i consumi e favorire la crescita»), la composizione dei capitoli di risparmio. In silenzio anche Padoan. Il ministro dell’Economia si è limitato a dirsi d’accordo «con l’esposizione del premier». «Il segno e la prova provata», osservano a palazzo Chigi, «che la temuta diarchia non c’era, non c’è e non ci sarà. La politica riprende il suo ruolo dopo la lunga parentesi dei tecnici».
Nel giro di tavolo seguito alla relazione di Renzi hanno preso la parola i due ministri incaricati di trovare risparmi. Prima Roberta Pinotti (Difesa): «E’ stata dura trovare 400 milioni, ma l’ho fatto riunendo tutti i miei generali e ragionando insieme a loro». Secondo Maurizio Martina (Agricoltura): «Al Tesoro c’è chi ha provato a reperire risorse pescando dai capitoli di spesa sbagliati. Noi invece siamo andati a risparmiare sui sussidi alle aree montane, infatti chi produce Barolo non ha alcuna ragione di ricevere aiuti. E abbiamo ridotto gli aiuti alle aziende che producono energia pulita con il fotovoltaico. Del resto quegli impianti in larga misura glieli ha pagati lo Stato». Insomma, nessun taglio imposto dalla Ragioneria, nessuna sforbiciata calata dall’alto: i ministri hanno rintracciato i soldi cercando di «efficientare» la spesa dei propri dicasteri. Una storia a lieto fine, quasi da Libro Cuore. E a sera Renzi traccia il bilancio: «E’ una manovra di sinistra, i mandarini del Tesoro hanno cercato di cambiare il decreto ma Padoan è stato corretto».