Gianandrea Gaiani, Libero 22/4/2014, 22 aprile 2014
I LIBICI PROTEGGONO LE PETROLIERE INVECE CHE BLOCCARE I TRAFFICANTI
L’Italia non ha alternative ad accogliere gli immigrati clandestini che ogni mese giungono a migliaia dalla Libia grazie anche all’azione della Marina Militare che con l’operazione Mare nostrum soccorre e traghetta sul territorio nazionale chiunque si presenti in mare. Lo aveva detto l’8 aprile il ministro degli Esteri Federica Mogherini ricordando che «nel 2013 circa il 70% degli arrivi via mare nell’Unione europea è avvenuto attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, dalla Libia all’Italia». La titolare della Farnesina aveva sottolineato però che «l’attuale governo libico non ha il pieno controllo del territorio ne’ può garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti e questo rende impraticabile ogni ipotesi di collaborazione finalizzata al rimpatrio dei migranti verso tale Paese».
Un concetto ribadito domenica in un’intervista dal ministro della Difesa Roberta Pinotti per la quale «Mare Nostrum non aiuta gli schiavisti ma è un intervento a tempo» anche se "finchè lo scenario libico resta instabile, non possiamo sospenderlo». Il problema è in Libia dove «non abbiamo
interlocutori istituzionali stabili e non si possono ipotizzare accordi per bloccare il flusso migratorio in partenza». Il ministro non ha risparmiato critiche all’Unione Europea che lascia «solo all’Italia l’alto costo del flusso in crescita di clandestini. Frontex (l’agenzia europea per il controllo delle frontierendr) stanzia complessivamente 7 milioni e noi, solo in un mese, ne spendiamo 9 per Mare Nostrum» ha detto la Pinotti al quotidiano Il Mattino.
Al di là del dibattito politico, i dati confermano il fallimento di Mare Nostrum, avviata a novembre con il duplice obiettivo di portare soccorso agli immigrati che rischiavano il naufragio e di rafforzare la protezione della frontiere. La Marina ha soccorso da ottobre 20 mila persone ma la flotta non ha sortito alcun effetto deterrente e nonostante l’arresto di decine di scafisti l’operazione sta facilitando i transiti consentendo agli scafisti la possibilità di offrire ai “clienti” la certezza di raggiungere le coste italiane.
Dopo i 43 mila clandestini arrivati l’anno scorso dall’inizio di quest’anno ne sono sbarcati oltre 20 mila e il flusso non potrà che aumentare con la bella stagione, incoraggiato da un’Italia che invece di difendere il territorio nazionale è l’unico Paese al mondo ad accogliere chiunque arrivi premurandosi pure di andar loro incontro.
Il capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi ha riferito nei giorni scorsi di flussi in aumento l’anno scorso del 224 per cento rispetto al 2012 e, richiamando le parole del ministro dell’Interno Angelino Alfano, ha ricordato che in Libia sono ammassate circa 700 mila persone pronte a raggiungere l’Italia. Dove le metteremo? A Roma il problema lo hanno risolto denunciando l’assenza di interlocutori in Libia e invocando l’aiuto di una Ue che se ne frega. Il caos libico, al contrario, sarebbe invece una ragione sufficiente per ordinare alla flotta di riportare sulla costa libica gli immigrati raccolti in mare. O almeno per minacciare Tripoli di attuare un’operazione simile che scoraggerebbe i flussi migratori interrompendo l’arricchimento delle mafie nordafricane in combutta, come rivelò l’ex ministro
della Difesa Mario Mauro, con il terrorismo islamico. Al di là dei costi (ai 9 milioni al mese di Mare Nostrum si aggiungono decine di milioni per assistere i clandestini) è accettabile che lo Stato e le forze armate italiani favoriscano, anche se indirettamente, il business dei trafficanti di esseri umani?
Quanto alla Libia, pur nell’anarchia dilagante, ha inviato le truppe nei porti petroliferi di Zuetina e Hariga occupati dai ribelli della Cirenaica riavviando l’export di greggio crollato negli ultimi mesi a 240 mila barili al giorno contro 1,6 milioni all’epoca di Gheddafi con una perdita nell’ultimo anno di 14 miliardi di dollari. Strano che Tripoli trovi i soldati (addestrati anche in Italia) per difendere i terminal petroliferi della Cirenaica ma non per presidiare i porti tra Misurata e Zuara, ben più vicini alla capitale, da dove partono i clandestini. Probabilmente quel business gestito dalla malavita determina ampie "ricadute" anche a Tripoli.