Filippo Facci, Libero 19/4/2014, 19 aprile 2014
VIVA IL TRENO CHE SI MANGIA L’AEREO
È difficile spiegare il sottile orgasmo di molti di noi che siamo tanti nell’apprendere che l’Alta velocità si sta magnando Alitalia, o se volete: apprendere che, nella preziosissima tratta Milano-Roma, il treno si sta magnando l’aereo.
Per capire occorre aver fatto quella tratta per anni, essersi abruttiti a Linate e a Fiumicino con la rabbia di chi non aveva alternative. Gli aeroporti e i voli ordinari, già allora e da parecchio tempo, si stavano trasformando in un’alienante bruttura di massa, un canaio soffocante e claustrofobico: da élite che erano. Ora i numeri si sono adeguati. Cinque anni fa Alitalia aveva il monopolio Linate-Fiumicino, e i biglietti, se presi al volo, costavano sui 400-500 euro, tanto che era la tratta più redditizia d’Europa; poi si è lentamente affermata l’Alta velocità di Frecciarossa con la teorica concorrenza di Italo: e sono bastati 5 anni. I passeggeri degli aerei sono diventati 1 milione a 400mila: la metà, a scendere. Nel 2008 i voli erano 70 al giorno, ora sono 38 e scenderanno ancora: e non perché gli
aerei costino di più, anzi, spesso è vero il contrario. Un’andata e ritorno com Easyjet (che prima non c’era, ma l’Antitrust l’ha introdotta di prepotenza un annetto fa) ormai puoi trovarla a 99 euro. Se paghi con larghissimo anticipo, tipo un mese, scendi a 83.
Ma non è questo a fare la differenza: il punto è che nel 2008 il 51% dei pendolari prendeva l’aereo, mentre il treno, oggi, si becca il 70% del traffico complessivo, lasciando agli aerei il 23. Appena c’è stata una concorrenza possibile, il ricatto degli aeroporti e dell’aereo che imponeva l’unica possibilità per fare Milano-Roma in tempi decenti tanta gente non l’ha voluto subire più. Gli aerei: quella perenne impressione di macchinosità e congestione, gli aeroporti sempre lontani, i taxi costosi e che non ci sono, oppure il traffico, il parcheggio, file su file che non rispar miano la macchinosità ottusa dei controlli, dei ricontrolli, del bagaglio, delle scarpe che suonano, e la giacca, e la cintura, e la fila più lenta, scusi, deve ripassare, il cretino allo sportello – sempre davanti a te mentre parte l’aereo. Roba da sfigati – direte voi mentre la clientela danarosa e business se la cavava molto meglio: errore. La clientela più golosa, d’affari, quella più ambita, ha tradito Alitalia per il 50%: ora prende il treno. Conteranno anche le ragioni economiche, certo: un bi-
glietto comprato 24 ore prima della partenza costa 110 euro sul Frecciarossa contro i 395 di Alitalia e i 154 di Easyjet: e pensare che in un primo momento, nel 2011, Alitalia si era illusa di aggiustare i conti facendo meno voli e facendoli pagare di più. Ma non è solo una questione economica, appunto. La lista d’attesa, il ritardo, il ritardo sempre, il ritardo puntuale, l’imparagonabile sensazione d’impotenza quando ti lasciano a terra: l’aeroporto può essere frustrante come poco
altro al mondo. E spegni il cellulare, e accendi il cellulare, scusi lei che numero ha, e caldo, freddo, ri-caldo, puzze improvvise, senso di inscatolamento mentre sul treno avresti preso un salotto allo stesso pezzo, e le attese inspiegabili, i trolley incellofanati degli idioti, gente che al telefono maltratta le segretarie, un nontempo, la morte del presente, il ricordo di quando la gente sbirciava dal finestrino anziché leggere Il Sole 24Ore. Viva i treni, abbasso gli aerei.