Marco Guido, La Gazzetta dello Sport 22/4/2014, 22 aprile 2014
GLI ATLETI DI CRISTO: «NOI LA BIBBIA E UN CALCIO DIVERSO»
Amarildo stava facendo il bagno nell’Atlantico, quando nel 1984 una corrente lo trascinò al largo, senza dargli possibilità di tornare a riva. Perse i sensi in mare aperto, si risvegliò a terra. Sano e salvo. Qualcuno lo aveva messo al riparo sulla tavola da surf, trascinandolo sino alla costa. Nessuno dei bagnanti aveva visto chi. «Sono sicuro che fu Gesù Cristo a salvarmi», racconta il protagonista. Fu quell’episodio ad avvicinarlo alla fede. Amarildo non era ancora diventato il centravanti di Dio, famoso per i suoi gol di testa e la Bibbia regalata agli avversari. Da giocatore conobbe l’Italia con le maglie di Lazio, Cesena e Torino. A Pasqua ci è tornato dopo 22 anni, per raccontare la sua storia al raduno nazionale degli Atleti di Cristo.
Una famiglia All’Enterprise Hotel di Milano c’erano 58 sportivi professionisti evangelici. Molti calciatori, anche di Serie A. E pure qualche ex come Ze Maria, che ha esportato il movimento in Italia dal Brasile (insieme al difensore del Vicenza Marco Aurelio). Tutti insieme con la voglia di pregare e ascoltare le testimonianze di fede dei colleghi. Si canta, sulle note di un gruppo cristiano. Alla tastiera c’è Nahuel Valentini, difensore argentino del Livorno. Tra un tackle e l’altro, suona la chitarra. Sempre inneggiando a Gesù. «Spesso gli atleti legano la loro felicità ai risultati. Se vincono sono felici, se perdono tristi. Io sono sempre sereno, grazie a Cristo». Tanti stranieri, ma pure qualche italiano. Nicola Legrottaglie è uno dei leader spirituali. Per partecipare al raduno non ha dormito, dopo aver sconfitto la Samp col suo Catania sabato. «Gli Atleti di Cristo non sono una setta. Chi accetta di far parte della nostra famiglia non deve fare patti religiosi, ma solo accettare Gesù come modello e ragione di vita». Gaetano D’Agostino, centrocampista del Siena, applaude in platea. Non c’è invece Kakà, che però ha inviato agli amici dei dvd in regalo.
Le storie Gli sportivi salgono sul palco uno a uno, con la Bibbia in mano. Così Amarildo racconta la conversione di Alemao, mediano del Napoli di Maradona. «Una sera mi telefona Careca e mi dice che il suo compagno sta passando un brutto periodo. Beve e va in giro armato. Quando arriva agli allenamenti appoggia la pistola sopra all’armadietto. Decidiamo di aiutarlo. Alemao ascolta la parola del Vangelo e si pente. Da quel momento sostituirà la Bibbia alla rivoltella». Ze Maria ricorda le discussioni a Perugia con Serse Cosmi. «A volte non capiva e si arrabbiava. Poco importa. Se avvicini una moneta da un centesimo agli occhi ti sembra enorme. Ma se l’allontani ti accorgi che è piccolissima. Quando hai Gesù nel cuore i problemi diventano minuscoli». Un concetto ribadito da Elvis Abbruscato, centravanti della Cremonese. Qualche mese fa si è rotto ginocchio, tibia, perone. La sua stagione è finita. «Ma io sono felice. Gli infortuni sono occasioni che ci offre il Signore». Felipe Anderson annuisce: i guai fisici hanno condizionato la sua prima annata alla Lazio, ma la fede resta incrollabile. Toccante la testimonianza di Gabriel, portiere del Milan, nato senza padre e da una ragazza madre di 18 anni. «Quando seppe di essere incinta, mia mamma era disperata. Era povera e tutti la guardavano male. Solo una missionaria le parlò: “Questo figlio non è tuo, ma di Dio. Avrà il meglio dalla vita”». Gabriel entrò nelle giovanili del Cruzeiro, prima di arrivare al Milan e debuttare con la nazionale. A suon di miracoli, la vita gli sta sorridendo davvero.