Francesco Cramer, Il Giornale 20/4/2014, 20 aprile 2014
CAOS NCD, ALFANO BUGIARDO: ECCO LA LETTERA DEI DISSIDENTI
Roma - Poca democrazia, poca autonomia rispetto alla politica del governo, troppa sovraesposizione dei ministri, troppi dubbi sui candidati alle Europee.
Il partito di Alfano è una polveriera e qualcuno sussurra pure di una scissione con la creazione di un gruppo autonomo. Circola pure il nome: «Unione di movimenti popolari». La frustrazione di alcuni pezzi del Nuovo centrodestra viene messa nero su bianco e spedita al leader in persona. Il quale, ovvio, non approva affatto. Formigoni, uno dei firmatari, fa dietrofront e predica unità dicendo che la lettera non doveva finire sui giornali. Ma la frittata è fatta. Alfano cerca di minimizzare ma il j’accuse è una scudisciata ed è paradossale la chiusura del recinto quando i buoi sono scappati. Solo alle 18 di sera di ieri arriva una tardiva smentita: «Non c’è nessuna lettera né alcun malumore nell’Ncd». Invece c’è tanto che il sito Dagospia la mette on line.
La scintilla che provoca l’incendio sono le liste dei candidati alle Europee. Specie quelle del Sud. Candidature che non hanno convinto il coordinatore nazionale del partito, Gaetano Quagliariello, secondo cui si poteva fare decisamente meglio. Quagliariello ha cercato fino all’ultimo di fare pressioni su Alfano sponsorizzando l’uscente Erminia Mazzoni ma non c’è stato verso. Due nomi non vanno proprio giù: il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti, appena condannato in primo grado con l’accusa di aver falsificato i bilanci del capoluogo reggino; e il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, indagato nelle scorse settimane per finanziamento illecito nell’ambito dell’inchiesta sui fondi neri di Finmeccanica. Ma non è solo una «questione morale».
È soprattutto una «questione di metodo», come dice al Giornale Carlo Giovanardi. Il senatore, uno dei firmatari della lettera, ammette: «Metodo che diventa sostanza. In un partito democratico le candidature si discutono e poi si approvano. Invece noi non abbiamo riunito alcun organo di partito. Comandano solo i ministri». E ancora: «Non ho aderito a Forza Italia perché non mi piace il partito del un uomo solo al comando e l’ho pure detto all’amico Berlusconi. Ecco, voglio evitare che il Ncd commetta gli stessi errori di FI». Quindi parte la lettera ad Alfano. Una pagina durissima in calce alla quale le firme vanno e vengono: inizialmente si parlava di 17 senatori, poi di 7. Sta di fatto che il malumore serpeggia nell’Ncd. Altra accusa: «Siamo troppo appiattiti su palazzo Chigi». Sempre Giovanardi spiega quello che non va: «D’accordo l’impegno forte al governo; ma dev’essere altrettanto forte l’impegno del partito nei gruppi parlamentari». Giovanardi, cui non fa difetto la chiarezza, riempie il suo ragionamento di contenuti: «Io un inasprimento delle pene sul reato di omofobia non lo voto; idem la depenalizzazione delle droghe o i matrimoni gay; e che dire sulla riforma del lavoro? Su alcune materia economiche dobbiamo alzare la voce. Siamo al governo per fare le riforme ma non possiamo ammainare le nostre bandiere sui temi economici».
Anche il senatore Luigi Compagna arriccia il naso: «Nel partito c’è delusione». E sul Jobs Act sintetizza così: «Siamo il partito di Sacconi, non il partito di Damiano». E spiega: «Dal governo è uscito un testo soddisfacente, ora è stato tutto emendato e addirittura si vuole porre la fiducia. Non si può smontare la legge Fornero e poi rimontarla».