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 2014  aprile 22 Martedì calendario

TRENI SOTTO VUOTO, CASE CON I MULINI A VENTO LE CITTÀ DEI SOGNI VERDI


Io ci tengo: è lo slogan coniato per festeggiare la giornata mondiale della terra, quest’anno dedicata al tram e alle città verdi. Il punto di gravità del mondo si è spostato, dalla campagna alla città. Prima della rivoluzione neolitica la terra ospitava quasi dieci milioni di nostri simili che però avevano altre abitudini. Praticavano caccia e raccolta, mangiavano più di 180 specie diverse e pare che non se la passassero nemmeno male. Dopo la rivoluzione del neolitico le cose sono parecchio cambiate. Ci siamo cibati con 4 specie di cereali, e poi vita sedentaria. È calata l’altezza, sono arrivate le carie, l’osteoporosi, insomma il nostro sistema metabolico ancora non si è ripreso dall’insana idea di coltivare un pezzo di terra. Oltre all’incresciosa abitudine di cominciare a vivere tutti insieme, in città villaggio. Ci siamo presi un sacco di malattie.
Certo nei millenni il rapporto tra campagna e città era sbilanciato, tanto per dire, alla fine del Seicento tre su quattro abitavano e lavoravano in campagna. Poi è cambiato tutto. Conviene dare alcuni numeri. Nel XX secolo la popolazione complessiva delle città è cresciuta da 250 milioni a 2,8 miliardi di persone. Nel 2050 i residenti in città saranno 6 miliardi. Se prima tanti osservatori del fenomeno dell’urbanizzazione erano critici e vedevano nella città povertà, sottosviluppo, crimine e malattie a iosa, ora si è capito una fondamentale verità: anche una periferia degradata e povera offre benefici che i villaggi e le campagne non possono dare.
Spostarsi dalla campagna alla città è vantaggioso soprattutto per le donne. Come ha detto Kavita N. Ramdas del Global Fund for Women «in un villaggio, tutto quello che può fare una donna è obbedire al marito e ai parenti, macinare miglio e cantare. In città invece può trovare un lavoro, cominciare un’attività e dare istruzione ai figli».
Tanti studi confermano che in media le grandi città producono più innovazione (più brevetti), più ricchezza e gestiscono meglio la salute pubblica. Insomma, le grandi città lo fanno di più e con meno. Certo, le opportunità da una parte, i costi dall’altra, lo stress soprattutto. Sarà anche per questo che immaginiamo le città del futuro come delle isole verdi, almeno a dar retta ai rendering proposti dagli architetti. Il progetto per la città di Dongtan, l’eco città, può essere ritenuto la matrice: edifici ad alta efficienza energetica, solo auto a idrogeno o elettriche ammesse, cibo prodotto da fattorie biologiche costruite nelle vicinanze, elettricità generata dalla brezza marina, treni sotto vuoto, biciclette intelligenti, e sensori dappertutto per monitorare ogni cosa. Non è chiaro se la città cinese verrà realizzata (doveva diventare operativa entro il 2010), ma come molte città eco sostenibili sono state progettate, immaginate ma non realizzate a causa dei costi. Ma soprattutto se mai le realizzassimo, il loro effetto sull’inquinamento globale sarebbe minimo, perché la maggior parte delle persone vive già in grandi città.
Bisogna lavorare con le città che abbiamo e trovare varie soluzioni semplici, realistiche, di compromesso. Saranno prioritari il risparmio energetico (a Tokyo, l’azienda Better Place ha testato una serie di veicoli elettrici basati su batterie facilmente sostituibili), la corretta gestione di acqua e energia e rifiuti (invece di buttarli bisognerà cercare di trasformali in qualcosa di utile). Si spera dunque che lo slogan «io ci tengo», indichi nel futuro una direzione: la città è fondamentale, a patto che si lasciano perdere le versioni irreali, tutta estetica ben disegnata e orti sui tetti e si presti maggiore attenzione ai bisogni reali delle persone ai numeri e non agli aggettivi. A meno che non vogliamo tornare a fare i cacciatori raccoglitori. Però va detto subito: nella foresta c’è poco posto.