Guido Olimpio, Corriere della Sera 22/4/2014, 22 aprile 2014
OBAMA PUNISCE IL RADUNO DI AL QAEDA
WASHINGTON — Un’azione a tenaglia. Senza precedenti. Dal cielo hanno colpito i droni americani mentre a terra si sono mosse le forze speciali yemenite. Nel mezzo gli uomini di Al Qaeda nella penisola arabica, caduti a decine. Il bilancio varia a seconda delle fonti, ma sembra aver superato i 65 morti, tra questi alcuni civili. E forse sono stati neutralizzati alcuni quadri importanti. Voci sostengono che un’incursione avrebbe preso di mira un veicolo con a bordo Ibrahim al Asiri, l’uomo delle bombe coinvolto in molti piani eversivi. Però non ci sono conferme che sia tra gli uccisi.
L’offensiva è scattata nel fine settimana e segue di qualche giorno la diffusione di un video che ha scatenato polemiche negli Usa. Nel filmato, di grande qualità, si vedeva Nasir al Wuhaishi tenere un sermone a decine di militanti, quindi una sorta di processione e il saluto personale del leader qaedista ai suoi uomini. Uno show di forza che sembrava dire «non abbiamo paura dei vostri aerei». E a Washington c’è chi ha chiesto come sia stato possibile che i guerriglieri si siano mostrati in giro senza che un drone intervenisse. La replica, però, è stata devastante, anche se è sempre bene fare la tara agli annunci del regime yemenita che tende spesso a esagerare i risultati.
La catena di eventi — prima video, quindi il bombardamento — alimenta il sospetto di un collegamento. Magari tra quanti ascoltavano al Wuhaishi c’era un informatore. O magari l’intelligence è riuscita a scoprire uno dei rifugi usati da Al Qaeda. Possibile, visto che il movimento non è composto da pochi elementi ma dispone di «colonne» consistenti, dotate di mezzi d’ogni tipo. Esiste anche un’altra ipotesi: l’assalto è stato una risposta indiretta alla mossa propagandistica degli estremisti.
I droni statunitensi — gestiti dalla Cia da una base nel deserto saudita — sono andati all’attacco almeno tre volte nel fine settimana. Una cadenza di incursioni non comune se si tiene conto che fino al weekend e dall’inizio dell’anno c’erano stati solo 8 attacchi. Contro i 54 del 2012 e i 26 del 2013. Dicevano che la Casa Bianca avesse posto dei limiti all’impiego dei velivoli senza pilota, analisi smentita dalla raffica di colpi.
Le informazioni trapelate in queste ore raccontano di una manovra piuttosto complessa. I velivoli hanno dato la caccia ai militanti che si spostavano sui pick up e hanno poi centrato un campo di addestramento nella regione di Abyan. E qui i terroristi avrebbero avuto le perdite più serie. Ai lanci di missili sono seguiti gli interventi di commandos elitrasportati yemeniti che avrebbero «ripulito» alcuni rifugi e probabilmente verificato l’identità dei bersagli.
Il governo, di solito piuttosto reticente, si è sbilanciato parlando di un’operazione mai vista per durata e ampiezza. Uno sforzo per sventare — hanno poi aggiunto i portavoce — possibili iniziative degli jihadisti sempre più aggressivi sotto la guida di al Wuhaishi. Il capo, oltre a guidare la formazione regionale, riveste il ruolo di numero due della Qaeda centrale, subito dopo Zawahiri.
Se sul piano tattico i raid dei droni possono rappresentare una risposta, su quello strategico non mancano i dubbi, espressi anche da esperti dell’antiterrorismo. Nello Yemen, il «mietitore di Obama» ha imperversato, togliendo di mezzo alcune figure pericolose, però questo non ha per nulla ridotto la minaccia rappresentata dai qaedisti.