Carlo Bertelli, Corriere della Sera - La Lettura 20/4/2014, 20 aprile 2014
L’OPERA D’ARTE NELLA PREISTORIA DELLA RIPRODUCIBILITÀ TECNICA
«Infingardo e negligentissimo» . Il severo giudizio di Vasari ha pesato sull’apprezzamento di Sebastiano del Piombo (Venezia, 1485 circa - Roma, 1547). Vasari, però, non aveva fatto che ripetere la sentenza di Michelangelo contro la proposta, di Sebastiano, di dipingere a olio il Giudizio Universale della Cappella Sistina. Dipingere a olio, sostenne allora Michelangelo, era cosa (appunto) da persone «agiate e infingarde» . Fu così che, nel 1534, fu rotta un’amicizia durata un ventennio. Vasari non aveva esitato a prendere partito e ci trasmise così perplessità che hanno influenzato il giudizio comune su Sebastiano del Piombo, un pittore che sembrava avere abbandonato la sua prima freschezza giorgionesca per adattarsi a dipingere su disegno di Michelangelo, nella Flagellazione di San Pietro in Montorio come nella Pietà di Viterbo. Un’accurata analisi di Costanza Barbieri, Sebastiano, i ritratti. Committenti, artisti e critici nella Roma del Cinquecento (Stauros Editore, pp. 174, e 20), ci porta dentro le contraddizioni e i conflitti nell’età dei grandi geni del Rinascimento, che fu acutamente consapevole dei problemi estetici che la ricerca artistica poneva.
L’originale punto di osservazione dell’autrice è il ritratto, tema quasi assente nella grande, recente mostra monografica e che ci permette di avvicinare il pittore nell’intreccio di relazioni romane prima e dopo il Sacco del 1527. Per meglio intendere le posizioni del pittore veneziano fattosi romano bisogna andare molto indietro nel tempo. Quando a Venezia giunge il monumento a Bartolomeo Colleoni, opera del pittore e scultore Andrea Verrocchio, si accende il dibattito sul primato nelle arti, se spetti alla scultura o alla pittura. Tra i pregi della scultura vi è la sua durata. Non avremmo nessuna idea della bellezza antica se non ci fosse stata trasmessa dalle sculture, nella perdita quasi totale della pittura. È con l’ aspirazione alla lunga durata che Sebastiano inaugura la nuova tecnica della pittura a olio su lavagna (chiamata «pietra di Genova» nelle fonti). Il congiungimento di pittura e pietra appare talmente risolutivo che Pietro Bembo si affretta a darne notizia agli amici veneziani.
Il maggiore cimento avviene nel campo del ritratto. È il tempo in cui Paolo Giovio realizza sul Lago di Como il suo museo di ritratti accompagnati da epitaffi che descrivono i personaggi e Sebastiano del Piombo dà vita a un nuovo tipo di ritratto, quello «biografico», che ci consente di cogliere con immediatezza attività, psicologia, desideri dell’effigiato. Nasce così, con il ritratto del cardinale Bandinello Sauli tra i suoi segretari, il prototipo del celebre ritratto di Paolo III con i nipoti realizzato da Tiziano.
A volte i personaggi si fanno perentori nel reclamare la nostra attenzione, come quell’amico medico Francesco Arsilli, in un ritratto conservato nella pinacoteca di Ancona, che si gira verso di noi per segnalarci le pagine su cui sono scritti i versi in lode dell’amata Pyrmilla. In un ritratto di Michelangelo, Sebastiano ritorna sullo schema, giorgionesco, del ritratto che si volta. Lo adotta per mostrarci due fogli di studi michelangioleschi di nudi maschili, così che il quadro costituisce un tributo al «divino» Michelangelo.
Costanza Barbieri ci ricorda a questo proposito come Bronzino dipingesse la Lamentazione per la cappella funeraria di Eleonora di Toledo basandosi su un’«invenzione» di Baccio Bandinelli, per segnalarci come nel Rinascimento vigesse un «concetto completamente diverso dalla nostra idea di originalità». Ciò comporta anche l’interesse alle repliche e alle copie, di cui la statuaria antica aveva dimostrato il valore, ed ecco dunque Sebastiano che prepara la carta oleata per produrre, o far produrre, su commissione, repliche del ritratto papale.
La bellezza stessa di una donna merita di essere celebrata in più d’un esemplare dipinto. Un caso giustamente celebre è quello della bellissima e virtuosa Giulia Gonzaga, precoce vedova universalmente ammirata non solo dai poeti, ma anche dal cardinale Ippolito de’ Medici, che ne ottenne il ritratto da Sebastiano, replicato in numerosi esemplari come modello di bellezza.