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 2014  aprile 20 Domenica calendario

DA TELECOM A INTESA, ECCO I SIGNORI DELLE DELEGHE


Il successo dei fondi all’assemblea Telecom Italia del 16 aprile l’avevano previsto in pochi. Ma la nomina a presidente di Giuseppe Recchi, indicato da Telco, era stata data per scontata dopo che le società di proxy advisor Iss, Glass Lewis e Frontis governance avevano espresso raccomandazione di voto a favore. Per l’assise degli azionisti di risparmio di Italmobiliare che il 7 aprile ha dato il via libera alla conversione in titoli ordinari, è stata promossa attraverso Georgeson una sollecitazione di deleghe di voto che ha contribuito a garantire il successo con l’85% di sì alla proposta. Unicredit ha visto aumentare in tre anni il consenso degli investitori internazionali fin quasi al 100% sulla politica di remunerazioni grazie all’attività di consulenza e informazione fornita da Sodali. Nella guerra Impregilo-Salini, vinta dalla società romana con l’Opa finale, è stata determinante la proxy-fight (Georgeson per Salini, ProxyCensus per Igli-Gavio) che ha seguito un copione «all’americana» pressoché inedito sul nostro mercato.
Un copione al quale è però probabile ci dovremo abituare. Non solo nel suo aspetto più suggestivo della battaglia: in generale anche in Piazza Affari, dove diventerà sempre più difficile definire a priori nell’azionariato una maggioranza, è destinata a crescere in modo significativo l’influenza dei proxy, nella loro veste di advisor e solicitor: in sintesi i primi in vista delle assemblee societarie forniscono raccomandazioni di voto agli investitori istituzionali, soprattutto esteri; i secondi per conto delle società svolgono un ruolo informativo presso gli azionisti su assemblee o operazioni come le Opa, oppure si occupano della raccolta delle deleghe di voto (regolamentata).
L’attività di informazione è rivolta in modo particolare ai grandi protagonisti dell’asset management globale: chi ha investito in decine di Paesi e svariate centinaia di società difficilmente può studiare in modo autonomo i dettagli necessari per partecipare alle assemblee. Che, fra l’altro, sono molto concentrate: nel nostro Paese il 65% delle assise viene convocato nella seconda metà di aprile. Il decollo dell’attività di proxy è dunque legato ai crescenti investimenti degli investitori internazionali in Italia e all’aumento della loro partecipazione alle assemblee da quando, nel 2011 è stata applicata la record date che ha superato l’obbligo di deposito preventivo delle azioni e quindi il loro blocco. La presenza è più che raddoppiata passando in media sul capitale dal 10% al 20,7%. E per il 95% si tratta di fondi internazionali.
«È fondamentale che le società si preparino a rispondere con azioni che tendano a un pieno allineamento con i propri azionisti di lungo termine», dice Andrea Di Segni di Sodali. Ciò significa che nel portafoglio-mestieri delle società di proxy cresce il lavoro sulla governance: l’adesione a best practice internazionali può diventare strategica per le aziende quotate proprio perché il giudizio in assemblea viene da chi, nella stragrande maggioranza dei casi, ha linee guida di voto che tengono conto proprio della qualità del governo societario. «Noi abbiamo supportato il board di Telecom Italia che si è trovato in una situazione simile», aggiunge Di Segni che si aspettava dunque «il pieno sostegno presso i fondi internazionali». E secondo Stefano Marini di Georgeson, che nella vicenda Telecom è stato «information agent» per conto di Telco sulla lista dei candidati, la parte consulenziale sulla governance «rappresenta ormai il 40% dell’attività ed è destinata a crescere». L’attenzione al governo societario si concentra in particolare sul peso delle minoranze in consiglio, la presenza di indipendenti e le remunerazioni. «L’attenzione sui pacchetti retributivi è alta», dice Carla Topino di Glass Lewis. «Noi facciamo un’analisi per porre in evidenza i maggiori discostamenti rispetto alle prassi migliori del mercato italiano e, se appropriato, rispetto a quelle internazionali. Le raccomandazioni di voto, pur guidate dall’applicazione delle nostre politiche, tengono altresì conto delle peculiarità di ciascuna società».
Ma, quesito di fondo al quale non sono estranee le authority (l’americana Sec e l’europea Esma, che ha appena concluso una consultazione sul codice di autodisciplina) è ravvisabile una «dipendenza» degli investitori istituzionali dalle raccomandazioni di voto dei proxy advisor? Dice Sergio Carbonara di Fortis Governance (che fa parte del network internazionale Ecgs): «Abbiamo constatato l’indipendenza dei nostri clienti, che in diversi casi non hanno seguito le nostre raccomandazioni, come nell’assemblea di Telecom di dicembre: eravamo per il no alla revoca del board, ma quasi tutti hanno votato a favore». Il 16 aprile l’indicazione è invece stata seguita. «Ciò significa che i fondi leggono i nostri rapporti ma si formano una propria idea, indipendente».