Riccardo Bruno, Corriere della Sera 20/4/2014, 20 aprile 2014
L’EX SOTTO PROCESSO PER LE BOTTE CHE CONTINUA A PICCHIARE LA MISS
Tre anni fa la raggiunse a Pesaro, dove lei diciottenne stava sfilando per un concorso di bellezza: la picchiò, lei finì in ospedale. Un anno fa, a maggio, quando Rosaria era già la madre del suo bambino, Antonio la prese a calci nell’addome. Le dovettero asportare la milza, tre operazioni e una cicatrice di venti centimetri che le ha cancellato l’ombelico. Lui, ventisettenne, venne arrestato per tentato omicidio e maltrattamenti, uscì sei mesi dopo per la scadenza dei termini della custodia cautelare, con il divieto di avvicinarsi alla casa dell’ex compagna. Non è stato così.
Antonio Caliendo ha continuato a tempestare Rosaria Aprea di sms, l’ha continuata a cercare e sarebbe stato ancora violento. Ieri gli agenti della Squadra Mobile di Caserta, su ordine del gip di Santa Maria Capua Vetere, l’hanno arrestato di nuovo: dovrà restare ai domiciliari a Casal di Principe, con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico.
«Rosaria è terrorizzata — racconta Elisa Russo, fondatrice dell’associazione «La forza delle donne» che in questo periodo la segue e le sta accanto —. In questi mesi l’ha tormentata con messaggi, poi si è pure presentato a casa. Per poco non finiva come l’anno scorso. Lui è riuscito a strapparle il telefonino, gliel’ha tirato in faccia, Rosaria ha il volto tumefatto...». Amalia Caliendo, avvocato e sorella di Antonio, è di poche informazioni: «Non ho ancora visto le carte. Non posso confermare niente».
È una storia che non riesce a chiudersi quella tra Rosaria e Antonio. Un anno fa guadagnò le prime pagine non tanto per la bellezza di lei, la miss di Macerata Campania, castana e filiforme, sorridente con la fascia e la corona da reginetta; ma sopratutto perché Rosaria, sfregiata e senza milza, decise di non sporgere denuncia e di perdonare il suo uomo così violento. «Gli voglio ancora bene», disse, sorprendendo pure la sua legale che decise di rinunciare al mandato.
Ma Rosaria, con un bambino di due anni e i segni sul corpo che non le consentono di dimenticare il suo amore malato, ha avuto la forza di cambiare idea. A novembre si è presentata alla prima udienza del processo a Pesaro. E proprio in quei giorni in cui si celebrava la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ha ripetuto il suo appello a tv e giornali: «Aprite la porta di casa e denunciate: la violenza non si cancella, lascia cicatrici visibili ma, soprattutto, invisibili».
È un’altra donna ormai, non pensa più al perdono ma a testimoniare il coraggio di difendersi. Scelta tutt’altro che semplice e le sue parole di sei mesi fa, rilette adesso, suonano profetiche: «La violenza è una lama invisibile che continua a essere puntata al tuo collo anche dopo l’aggressione. Ci vuole un gesto di forza per uscirne: io non avevo compreso da subito l’importanza della denuncia e della ribellione alle violenze subite».
Questa volta non ha più esitato. E ha denunciato il padre del suo bambino.