Stefania Ulivi, Corriere della Sera 19/4/2014, 19 aprile 2014
«SE PORTA A PORTA È LA TERZA CAMERA GAZEBO È LO SPOGLIATOIO DEL PALAZZO»
I «gazebers» — orfani da giovedì dell’appuntamento trisettimanale su Rai3 — si sono consolati su Twitter, dove ancora nel pomeriggio di ieri stazionava tra i più i più diffusi in versione hashtag il grido di battaglia di uno dei personaggi più amati della trasmissione, il tassista Mirko «Missouri 4» Matteucci: #paceinteriore. Oltre al nostalgico #gazeboresta. La seconda edizione di Gazebo ha chiuso dopo 71 puntate senza sciogliere il dubbio. Di cosa si tratta: informazione, intrattenimento, satira politica, anello di congiunzione tra televisione e internet? O, ancora, declinazione italiana di gonzo journalism? Ovvero narrazione dei fatti vista dalla soggettiva del suo narratore: Diego Bianchi, classe 1969, in arte Zoro, già blogger di successo con il suo Tolleranza Zoro portato in tv da Serena Dandini ai tempi di Parla con me .
Bianchi, che cos’è «Gazebo»?
«Un po’ tutte queste cose. Un nostro tentativo molto parziale di raccontare l’attualità politica. Un metodo che si è dimostrato buono per il divertimento ma anche per cose drammatiche, come quando abbiamo ribaltato la scaletta dopo la tragedia di Lampedusa. O, in una delle ultime puntate, alla parte dedicata agli scontri di Roma è seguito il tormentone sulle reazioni di Pharrell alla vista di Alfano e Schifani che ballavano Happy all’assemblea del Nuovo centrodestra».
Da cui #happygate, hashtag di grande successo. Assieme a #matteoscendi, anche se Renzi non ha dato soddisfazione a Missouri 4 e non si è presentato da lui sotto Palazzo Chigi.
«Come tante cose, è nato per caso dai collegamenti strampalati con Mirko. L’abbiamo mandato lì per una sua versione della classica diretta del corrispondente politico. Io dallo studio ho osservato che sarebbe stato bello se Renzi fosse sceso. Il pubblico si è scatenato sulla rete. E il premier in due occasioni, alla presentazione del libro di D’Alema e via Twitter da Bruxelles, ha promesso che l’avrebbe fatto. Non l’ha fatto. Pazienza».
Missouri 4, tassista-sondaggista sembra un personaggio di fantasia.
«Verissimo tassinaro romano con la barba più lunga e più rossa di quella di Garibaldi. L’ho conosciuto due anni fa proprio sotto il Palazzo mentre saltava con qualche centinaio di colleghi al grido “chi non salta Mario Monti è”».
Poi c’è il vignettista Makkox, Andrea Salerno hacker per caso, Marco Damilano, Antonio Sofi, i musicisti .
«La squadra è stata il miracolo assoluto. Li ho fatti conoscere io anno scorso, la sintonia continua perché ci spinge volontà di non annoiarci, né annoiare».
Dai trentamila del suo blog al milione di Rai3. Un bel salto.
«Dal web alla tv cambiano molte cose, non l’atteggiamento. L’integrazione con la rete è costante. Alcuni di noi sono nati su internet, ci viene naturale».
La vostra top ten di Twitter ha svelato la vanità e le debolezze dei politici.
«Vanità, arroganza e ignoranza. Il grande ruolo di Twitter nella discussione politica è stato di togliere i filtri ai politici, nel bene e nel male. Quello meno assennato esterna in libertà e noi ci marciamo. Poi c’è chi come Renzi calcola tutto anche quando scherza».
Tra i più assidui in classifica ci sono stati Castagnetti, Formigoni, il consigliere regionale del Friuli Mauro Travanut che fa politica a suon di criptici cinguettii, tipo: «È un po’ complicato scrivere qui il trattato: ontologia dell’essere postmoderno. Un abbraccio che sia il reale del virtuale».
«Travanut un mito. Castagnetti usava un mezzo a lui estraneo, ancora l’altro giorno abbiamo beccato un “loffia politica” al posto di lotta politica. Per lui abbiamo inaugurato i tutorial. C’è chi, come Cirino Pomicino, porta un linguaggio da prima politica ma non le manda a dire. O l’ex ministro Carrozza che ha affidato a twitter il dispiacere di essere stata sostituita dal leader del suo partito che le ha preferito una collega di Scelta civica. O Alfano che saluta e nessuno risponde».
Avete beccato il 5 stelle Alessandro Di Battista che guardava i gol durante un dibattito .
«Abbiamo fatto una cosa da grillini dopo che loro hanno riempito il web di foto di deputati intenti a giocare a poker. I politici ormai reagiscono tutti allo stesso modo, la buttano sullo scherzo, hanno imparato che non gli conviene. A noi cambia poco. Quanto siano sinceri lo lasciamo giudicare al pubblico e agli elettori».
Vi hanno accusato alternativamente di essere grillini, antigrillini, renziani, antirenziani .
«Non abbiamo nessuna appartenenza. Io non ho mai fatto mistero delle mie origini politiche, elettore del Pd, ora non faccio mistero dello sbando. Non so cosa votare alle Europee. E non mi fa piacere».
La prima edizione di «Gazebo» è stata scandita da dimissioni del Papa, nuovo Papa, nuovo governo, nuovo presidente della Repubblica, morte di Andreotti. Quest’anno il giorno della conferenza stampa Grillo era a Viale Mazzini con OccupyRai.
«Surreale: lui dentro, io fuori sotto il diluvio e non mi volevano fare entrare».
Se «Porta a porta» è la terza Camera, «Gazebo» è...
«Lo spogliatoio del Palazzo. Dove si fa squadra».