Giuseppe Videtti, la Repubblica 19/4/2014, 19 aprile 2014
PIF “IN CAMBIO DEL SUCCESSO PREPARO PER RAIUNO LA MIA FICTION SULLA MAFIA”
[Intervista] –
ROMA
Una telecamerina e un microfono. In mano a un’ex iena sono un’arma potente. Pif le usa per indagare, provocare, accusare, ridicolizzare. Dopo Italia1, Mtv (il martedì la sesta stagione del Testimone) e un applaudito
esordio cinematografico (La mafia uccide solo d’estate ) è diventato il vincitore morale dell’ultimo Sanremo vagando per la città dei fiori a caccia dei paradossi della normalità. Con un quel geniale fai-da-te Pierfrancesco Diliberto, palermitano, 42 anni, è l’uomo nuovo che sfida la tv generalista, una risorsa in tempi di spendig review; un misto di impegno, comicità, impertinenza e timidezza che l’hanno trasformato nel più amato e tenero “scassaminchia” del piccolo schermo. «Voglio fare subito un altro film», esordisce l’artista mentre combatte con gli spaghetti nel ristorante sotto l’appartamento romano, cento metri dal cupolone, due passi dall’ultima tentazione. Pazza idea: «Vorrei intervistare papa Francesco, ma cosa potrei chiedergli? Lui è già “normale”, mica posso portarlo a fare la spesa. Però un’idea ce l’avrei: mostrargli tutte le cose che non può più vedere, filmare i luoghi che gli sono cari in Argentina e poi sfogliare insieme l’album dei ricordi. So che legge Repubblica: Santità questo è un appello».
Al Bif&st di Bari, sul palco con Camilleri, ha esclamato: «Quando mi trovo accanto a gente come te ho come l’impressione che la festa sia finita e io sono arrivato troppo tardi».
«È così. Quando mio padre parla della sua infanzia la trovo sempre più interessante della mia. Mia madre mi racconta che la zia si curava i malanni cercando nel prato le erbe medicamentose.
Mitico».
Quando si è reso conto che l’apparente normalità del suo quartiere, della sua città era regolata da logiche e comportamenti mafiosi?
«Troppo tardi, perché vivendo a Palermo ci si abitua alla malvagità, il sistema mafioso diventa una forma di sopravvivenza, pagare il pizzo è normale. I primi sussulti li ebbi quando uccisero Dalla Chiesa e Chinnici, avevo 10 anni, leggevo lo sconcerto nel volto dei miei genitori. Poi ci fu l’euforia della fine degli anni Ottanta, quando sembrava che tutto stesse crollando e potevi leggere su Cuore: “Craxi hai la faccia come il culo”. Ma nel ’92 non c’erano più scuse, dopo la morte di Falcone e Borsellino nessun palermitano, anche il più colluso, poteva far finta di niente. Le cose stanno cambiando: oggi ci sono 850 commercianti che non pagano il pizzo. L’antimafia a Palermo è molto più robusta che altrove, proprio per i modi e i tempi in cui furono uccisi Falcone e Borsellino. Forse a Napoli la Terra dei fuochi può creare una reazione pari a quella che si scatenò da noi nel ’92. Oggi nessuno può più dire “la camorra sfama molte bocche”: sappiamo che in realtà ci avvelena».
Con la sua telecamerina ha incontrato anche Saviano. Che impressioni le ha suscitato?
«Ho riflettuto sul fatto che tutto gli è accaduto quando aveva 26 anni: un miracolo se non è impazzito. Oggi il suo vero nemico non è la camorra ma tutti quelli che lo criticano perché va a comprare un gelato con la scorta».
Anche il suo film sulla mafia si è rivelato un’arma formidabile.
«Mi ha commosso la risposta che ho avuto dai bambini, che si sono identificati col piccolo protagonista e hanno tempestato i genitori di domande».
Ora è la Rai che le chiede una fiction sulla mafia.
«In realtà è una mia idea, una sorta di sequel del film, per poter raccontare meglio quel periodo cruciale, le storie di tanti altri morti meno eccellenti, come il carabiniere che arrestava i mafiosi con la sua Cinquecento o Carmelo Iannì, un albergatore che consentì alla polizia di seguire in incognito i movimenti di alcuni mafiosi e di incastrare un boss (fu ucciso il 28 agosto 1980). Di queste storie, anche in Calabria e Campania ce ne sono centinaia ».
Si farà? Sono tutti entusiasti.
«Appena finisco Il testimone mi metto a lavorare alle sceneggiature. RaiUno preme. Io racconterò con lo stesso spirito del film, una bella novità per la rete».
Sarebbe pronto ad affrontare il calvario di Saviano?
«Spero che non mi succeda perché non ce la farei a vivere sotto scorta. Dopotutto ho girato un film a Palermo senza pagare il pizzo e non è successo niente. Segno, anche questo, che le cose stanno cambiando».
Due anni fa ci disse: non sono tipo da tv generalista, al massimo a tarda notte su RaiTre. Invece ha avuto la rete ammiraglia, la prima serata e tra poco molti prime time.
«Il successo è travolgente… Il mondo Rai ha realizzato il mio bisogno di cambiamento».
Che è successo dopo l’exploit Sanremese? È tangibile come si dice il salto di popolarità?
«Sì, era già cominciato dopo l’uscita del film, ma ora mi fermano per strada anche gli anziani. Questo mi creerà dei problemi quando farò la prossima edizione del Testimone (quella in onda l’ho registrata prima di diventare “famoso”). Magari lo sfigato solitario con la telecamerina non sarà più tanto credibile. Non sono come Belén, ma ormai faccio parte dello stesso circo. Io, come Fazio, cerco di far succedere cose sul palco, solo che lui Bianca Balti la porta all’Ariston, io al supermercato».
Chi sono i suoi soggetti preferiti?
«Le persone normali che combattono contro qualcosa, il commerciante di Caccamo che rifiuta di pagare il pizzo, i nani e i trans vittime di pregiudizi, le famiglie arcobaleno, perché alla fine le loro vittorie sono le vittorie di tutti».
E i vip? Li snobba?
«No, però si mascherano, hanno sempre l’incubo di essere presi in giro. Da loro non impari nulla».
I politici? La Meloni la fece entrare alla Camera, dove incontrò anche Renzi.
«Allora Matteo parlava, adesso deve fare. Comunque vada, sia lui che i 5Stelle hanno contribuito a scardinare il sistema politico. Di Renzi mi piace il fatto che ci mette la faccia. È uno che chiede scusa quando sbaglia. Non c’eravamo abituati».
Giuseppe Videtti, la Repubblica 19/4/2014