Marcello Giordani, La Stampa 19/4/2014, 19 aprile 2014
RITORNO DALLA CINA. SERGIO TACCHINI RIVUOLE IL SUO MARCHIO
Sergio Tacchini vuole ricomprarsi l’azienda venduta ai cinesi di Hembly sette anni fa. L’ex campione di tennis, protagonista di sei Davis negli anni ‘60, attraverso la società di famiglia (Sandys), ha formalizzato un’offerta per la Sergio Tacchini International. Si chiama così oggi l’azienda che il tennista fondò a Caltignaga, Novara, nel 1966. Quella sede non c’è più, ma ora rischia di chiudere i battenti lo stabilimento di Bellinzago, ultimo baluardo novarese della Tacchini.
Per evitarlo Tacchini ha fatto un’offerta che è emersa nell’ultimo incontro di questa settimana a Novara tra sindacato, azienda e commissario liquidatore. «Non può accettare lo smantellamento di quello che ha creato e portato al successo – dicono gli operai, che ora sono in cassa integrazione e ricordano con nostalgia quando da Caltignaga e Bellinzago si vendevano un milione e 800 mila capi l’anno di t-shirt –, così si è fatto avanti. E’ l’unica speranza per evitare la chiusura definitiva anche di Bellinzago». Dalla Sandys confermano che l’offerta è stata presentata, e che la trattativa è in fase avanzata: potrebbe concludersi entro la prima decade di maggio.
A prendere la testa dell’azienda sarebbe il figlio di Tacchini, Alessandro, ma il padre tornerebbe in campo, per rilanciare il marchio in quello che è stato il settore per eccellenza della società: il tennis. Bellinzago è finita nei guai perché l’esperienza cinese, guidata da Janny Tang, ha visto in sette anni un bilancio poco lusinghiero: la rete dei negozi è stata smantellata, mentre a Bellinzago si è passati da 250 a 13 persone, che si occupano del settore commerciale.
L’anno scorso la decisione di cedere il ramo d’azienda che detiene il marchio a Wintex Italia, che a sua volta fa capo alla Wintex di Honk Kong. Wintex Italia ha aperto una sede a Milano e il futuro di Bellinzago s’è fatto più incerto che mai. Nel frattempo la società cinese proprietaria della Tacchini è finita in debito d’ossigeno finanziario, e deve presentare da mesi un piano per il concordato preventivo.
Di qui la volontà di Tacchini di salvare quel che resta della linea di abbigliamento sportivo made in Italy che fece il giro del mondo. Merito del fondato che, forte delle conoscenze nell’ambiente, anticipò la strategia dei campioni dello sport al servizio del marketing. Dopo un’estenuante trattativa col padre di John McEnroe in un pub di Londra, Tacchini ingaggiò il campione americano come testimonial. Fu un successo senza precedenti. Magliette, pantaloncini e calzettoni griffati Tacchini imposero un genere mentre l’azienda macinava fatturato e arrivava a 280 dipendenti. A McEnroe seguirono Connors e Djokovic. La ditta novarese vinse le forniture alle Olimpiadi di Montreal e Atlanta, il marchio era su occhiali e profumi.
La svolta a fine anni ’90. La concorrenza da Europa dell’Est e Asia diventa serrata e Tacchini ha un’altra idea: è il primo imprenditore italiano a scegliere apertamente di far produrre capi nei Paesi emergenti. Nel 1997 crea la Sandys e delocalizza la produzione in Estremo Oriente, Grecia e Portogallo. In Italia apre una rete di negozi monomarca. Non basta per vincere la concorrenza e nel 2007 cede a Hembly, colosso delal moda cinese. Ma ora Tacchini è pronto a tornare in campo.
Marcello Giordani, La Stampa 19/4/2014