Giacomo Galeazzi, La Stampa 19/4/2014, 19 aprile 2014
QUANTO COSTANO A ROMA 1500 CORTEI CON VANDALISMI
Forse spostare dal preziosissimo centro di Roma i «raduni» è un atto incostituzionale come tuona la galassia della contestazione, però, in tempi di «spending review», per le tasche dei contribuenti il beneficio sembra evidente. Ad ogni «sacco» di Roma ricompare la ricetta magica: confinare i «serpentoni» oltre il Raccordo anulare. E, in effetti, tra «danni al decoro urbano» e crolli nel fatturato del commercio ciascun corteo nel centro dell’Urbe si può contabilizzare in denaro che esce a fiumi dalle casse dello Stato e degli enti locali. Un salasso più o meno gravoso a seconda dell’entità della mobilitazione. I dati parlano chiaro. Nella città eterna si svolgono quasi duemila manifestazioni all’anno: 600 quelle autorizzate nel 2013 dall’amministrazione comunale, 1.437 quelle conteggiate dalla questura nello stesso periodo. Poche tra queste, per fortuna, hanno la forza distruttiva della marcia per il diritto alla casa di una settimana, però gli effetti negativi non sono un’eccezione.
Serrande dei negozi abbassate e incassi più che dimezzati nelle strade interessate dal percorso delle proteste «on the road». Le associazioni dei commercianti denunciano che «molti negozi del centro, nelle zone delle manifestazioni, chiudono per ragioni di sicurezza». Conti alla mano, le attività vengono penalizzate da «giornate di lavoro perse con cali del 70% nel volume egli affari». Il sindaco Ignazio Marino mette le mani avanti: «Roma non dispone di risorse per indennizzare i negozianti». Infatti il conto dei guerriglieri urbani, tra occupazioni di suolo pubblico e pezzi di «grande bellezza» distrutti, frantumati e imbrattati, equivale a un «tesoretto». Solo la pulizia straordinaria delle strade (con l’impiego di più personale e la sostituzione dei cassonetti bruciati) grava sulle casse capitoline per diversi milioni di euro. Danni pubblici (strade, aiuole, muri, arredi urbani) e danni privati (vetrine, saracinesche, bancomat, auto, motorini, portoni). L’Ama, la municipalizzata dei rifiuti si fa carico ogni anno di 1 milione e 400 mila euro per «servizi legati alle pulizie svolte a seguito di manifestazioni». E il conto diventa ben più salato quando infuria la rivolta. Per esempio, contro la fiducia votata al governo Berlusconi, quattro anni fa venne devastata persino la pavimentazione di luoghi che richiamano turisti da tutto il mondo come piazza del Popolo e via del Babuino. Bollettino di guerra: 20 metri cubi di sampietrini divelti e lanciati contro le forze dell’ordine. Risultato: un milione a carico del comune, 15 dei commercianti.
A ciò si somma l’effetto-black out nel trasporto pubblico: 1.500 corse perse, 20 telecamere di videosorveglianza rese inservibili, decine di vetture danneggiate e garitte rotte. «Ogni volta negozi saccheggiati, vetrine infrante, turisti incastrati negli hotel con teppisti fuori», insorgono gli albergatori. «Eventi violenti estremi», vengono catalogati nel gabinetto del sindaco. Come l’araba fenice risorge dalle proprie ceneri l’ipotesi di un tavolo con la prefettura a difesa della capitale. Ma di fronte agli annunci dei disordini, la soluzione proposta appare sempre la stessa: schierare «ad abundantiam» forze dell’ordine «per consentire a coloro che vogliono manifestare pacificamente di farlo e isolare quanti vogliono trasformare le strade della capitale in teatro di violenza». La conseguenza inevitabile, però, è quella di blindare il cuore di Roma facendo schizzare alle stelle i costi per la sicurezza. Ma sborsare in emergenza denaro per aree off limits e cordoni di polizia non è bastato finora a fermare la periodica calata dei nuovi vandali.
Giacomo Galeazzi, La Stampa 19/4/2014