Marco Ferrando, Il Sole 24 Ore 19/4/2014, 19 aprile 2014
MPS, IL CDA VARA IL MAXI-AUMENTO
Semaforo verde dal consiglio di amministrazione di Banca Monte dei Paschi all’innalzamento dell’aumento di capitale da tre a cinque miliardi, un importo che vale quasi il doppio dell’attuale capitalizzazione di borsa. La linea Profumo-Viola ieri mattina è passata all’unanimità, dettaglio non irrilevante in vista dell’assemblea straordinaria dei soci che – il 20 maggio prossimo – sarà chiamata a dare il via libera definitivo alla ricapitalizzazione in versione extralarge: il voto favorevole espresso ieri dai quattro consiglieri più vicini alla Fondazione Mps, infatti, lascia intendere che l’ente guidato da Antonella Mansi, che insieme a Fintech e Btg Pactual controlla ancora il 9% della banca, non dovrebbe far mancare il proprio appoggio anche in assemblea; quanto all’eventuale sottoscrizione pro quota, i tre azionisti, che – insieme – rappresentano il primo socio della banca, decideranno nelle prossime settimane come muoversi, ma l’impressione è che difenderanno l’attuale pacchetto.
IL PERCHÉ DELL’OPERAZIONE
A suggerire il maxi aumento, ha spiegato ieri la banca, «il contesto caratterizzato da elevata incertezza e limitata visibilità» sugli esami condotti dalla Bce sulle prime 130 banche europee e sui successivi stress test; il Monte teme di trovarsi a corto di capitale, e per questo «ha deciso di adeguare i propri indicatori patrimoniali ai migliori standard di mercato». A conti fatti, incassati i 5 miliardi e rimborsati 3 miliardi di Monti bond, Mps si troverà con un Common equity tier 1 all’11,3% già considerando la piena applicazione dei criteri di Basilea 3, un livello superiore alla media di settore che consentirà di aspettare le pagelle della Bce senza troppa ansia: «La banca avrà un buffer di capitale funzionale all’assorbimento di eventuali impatti negativi derivanti dal comprehensive assessment della Bce e continuare a far fronte agli impegni assunti nel Piano», sottolinea la nota diffusa ieri.
IL CONSORZIO E I TEMPI
Così come era già accaduto per l’aumento da 3 miliardi, anche nella versione da 5 c’è a un accordo di pre garanzia con il consorzio (che vede Ubs come global coordinator e Citigroup, Goldman Sachs e Mediobanca nel ruolo di co-global coordinators) che impegna le banche a sottoscrivere le azioni ordinarie di nuova emissione eventualmente rimaste inoptate. In sostanza, il paracadute c’è, anche se «il successo dell’operazione – come ha dichiarato ieri l’ad Fabrizio Viola ai microfoni di Radio 24, intervistato da Focus Economia – dipenderà naturalmente dall’effettiva sottoscrizione dell’aumento». Un punto, questo, su cui il manager si dice più che fiducioso: «L’interesse da parte degli investitori, soprattutto nel corso degli ultimi mesi, è molto elevato», dice Viola, secondo il quale una conferma evidente sta «nei grandi volumi di scambio che hanno caratterizzato il titolo nelle ultime settimane. È evidente che oggi abbiamo una base azionaria molto diversa rispetto a qualche mese fa».
I PROSSIMI PASSI
Anche l’agenda subirà uno slittamento di poche settimane rispetto all’aumento già programmato di tre miliardi. Dopo l’assemblea di maggio, la banca conta di aprire la sottoscrizione nel mese di giugno, in modo da poterla chiudere nei primi giorni di luglio. Giusto in tempo, cioè, per rimborsare 3 dei 4 miliardi di Monti bond attualmente in pancia e per versare allo Stato i 380 milioni di interessi maturati nel 2013. Il resto, come detto, verrà conservato come tesoretto in vista del possibile fabbisogno di capitale che potrebbe emergere dagli esami condotti dalla Bce, e solo a fine anno si potrebbe valutare l’eventuale completo rimborso dei Monti bond.
Superata la prova del cda, ieri intorno alla banca si respirava una certa soddisfazione per un’operazione concordata anche con la Banca d’Italia. E che in un certo senso ha finito per cavalcare il rinvio di qualche mese ottenuto dalla Fondazione a fine 2013: «La Mansi? È s stata brava e fortunata», ha detto ieri Viola a Radio 24.
Marco Ferrando, Il Sole 24 Ore 19/4/2014