Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 19/4/2014, 19 aprile 2014
LEGGE DI STABILITÀ OBBLIGATA A TAGLI DI SPESA IMPONENTI
Se per il 2014 la copertura per il bonus Irpef pare garantita, sia pur attraverso il ricorso ad alcune una tantum e alla prenotazione «ex ante» del maggior gettito Iva atteso dallo sblocco di 8 miliardi di pagamenti della Pa, dal prossimo anno Matteo Renzi si affida di fatto, e in misura prevalente rispetto agli altri "addendi", ai risparmi della spending review. Coperture per 14 miliardi, sufficienti – secondo le stime governative – a far fronte sia ai 10 miliardi del taglio Irpef che alle poste di bilancio già sostanzialmente "prenotate" dalla legislazione in vigore, a partire dalle clausole di salvaguardia inserite nella scorsa legge di stabilità. E qui sorgono alcuni non trascurabili interrogativi. Di fatto, l’intera impalcatura della manovra fiscale varata ieri dal Governo si regge sulla possibilità che con la prossima legge di stabilità si riesca a realizzare un contenimento strutturale della spesa corrente di un’entità finora mai neppure lontanamente sfiorata.
Le tabelle distribuite ieri da palazzo Chigi lo confermano: 5 miliardi di tagli ai beni e servizi, che vanno ad aggiungersi ai 2,1 già previsti quest’anno, e ulteriori 2 miliardi di tagli qualificati alla voce "sobrietà" (900 milioni quest’anno). Si tratta di un complesso di riduzioni di spesa, che vanno dalle auto blu dei ministeri al tetto alle retribuzioni dei dirigenti, fino all’abolizione delle tariffe postali agevolate per i volantini elettorali. Quanto alle maggiori entrate, si scommette su 3 miliardi di incassi dalla lotta all’evasione aggiuntivi rispetto ai 12 miliardi incassati quest’anno, e a un miliardo in più di gettito Iva (anch’esso auspicabilmente trascinato dai pagamenti dei debiti commerciali della Pa).
Uno scenario certo auspicabile, ma con diverse incognite, del resto evidenti quando si provano a stimare risparmi di spese e proventi della lotta all’evasione, cui attribuire fin d’ora un effetto contabile. Se poi ci limitiamo all’anno in corso, l’intervento sui beni e servizi, diviso in parti uguali (700 milioni) per amministrazioni centrali, Regioni ed enti locali, difficilmente potrà seguire strade diverse dai vecchi tagli lineari, almeno per quel che riguarda gli enti decentrati di spesa. Prassi vituperata, ma di fatto l’unica in grado di garantire coperture certe nell’immediato. Esattamente quel che serve da subito, per compensare i 6,9 miliardi del bonus Irpef.
Quanto al gettito atteso dall’incremento del prelievo sulle quote rivalutate della Banca d’Italia (1,8 miliardi nel totale), si tratta di un’entrata una tantum. Nulla di cui scandalizzarsi, è stato fatto più volte anche in passato. Tuttavia, trattandosi appunto di un’entrata «one off», andrà sostituita dal 2015 da misure strutturali di copertura. Di nuovo la spending review, la cui mission si arricchisce così di nuovi, importanti addendi, oltre al finanziamento del bonus Irpef. Una scommessa, che richiederà un elevatissimo grado di coesione politica. I tagli non sono mai indolori, e per superare le forche caudine delle defatiganti votazioni autunnali su emendamenti e subemendamenti (di certo non mancheranno), la maggioranza dovrà marciare al passo di una Falange macedone.
Si può puntare (almeno in parallelo con la spending review) sull’altra, e forse più rilevante scommessa che il governo si appresta a giocare: gli auspicati effetti, in termini di inversione di tendenza delle aspettative e di ripristino della fiducia, di un’operazione che restituisce risorse ai redditi medio-bassi. Poiché – stando alle stesse stime del governo – solo dal prossimo anno cominceranno ad avvertirsi gli effetti del complesso di riforme e di azioni concrete di politica economica tanto che si prevede una crescita all’1,3%), ecco che il rispetto assoluto delle coperture, garantite da misure strutturali e non più una tantum, si conferma precondizione indispensabile per evitare che l’intero edificio crolli di schianto.
Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 19/4/2014