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 2014  aprile 19 Sabato calendario

TRA “STATO DI PARALISI” E “CONCENTRICA PRESSIONE”


Rutilante: è l’aggettivo più indicato per fotografare la lettera del Presidente della Repubblica al Corriere della Sera. La guizzantezza, del resto, è da sempre la cifra di Giorgio Napolitano, che in questa missiva si mostra persino più brioso dei già sfavillanti moniti. Tutt’altro che contorta e involuta, la sua prosa ammalia qui per lucidità e chiarezza. Tutto parte da un’analisi certosina dell’anno appena trascorso: il 2013? “Positivo”. E già questa è una notizia, perché evidentemente le aspettative di Napolitano contemplavano la Terza Guerra Mondiale, l’invasione delle cavallette e un nuovo disco di Povia. Napolitano non nega che vi siano state asperità. Parla di “stato di paralisi istituzionale” e “concentrica pressione”, alludendo poi – con ardita modernità - a “sperimentati quirinalisti”. Non mancano accenni accorati a quella odiosa deriva di disfattisti beceri che hanno “rimosso” e “distorto” la “verità”, di cui – va da sé - Napolitano è depositario unico. Superfluo però indugiare su dietrologie: “Non intendo soffermarmi su fatti, atteggiamenti, intrighi che hanno concorso a gettare ombre e discredito - ben al di là di ogni legittima critica e riserva - sulla mia persona e sull’istituzione che rappresento”. Al Presidente preme azzardare (anzi “abbozzare”) una “riflessione oggettiva” come “premessa per il bilancio”. Esistono intenti nobili, che “s’impongono in via temporanea fuori delle naturali affinità e della dialettica dell’alternanza”.
Non tutti hanno però compreso l’agire quasi messianico di Napolitano: “Dal non riconoscimento di quest’obbligo, di questa necessità, sono scaturite nel corso dell’ultimo anno reazioni virulente che hanno contagiato, sorprendentemente, ambienti molto diversi”. È stato un “compito faticoso e ingrato”, ma per fortuna il “processo” si è “messo in moto, e di recente decisamente accelerato”. Sfortunatamente “lo spirito di fazione” ha imposto “un prezzo nei consensi convenzionalmente misurabili”, ma ciò “non mi fa dubitare della giustezza della strada seguita”.
Napolitano, forte dell’ottimismo della volontà, sa che “i nodi dovranno sciogliersi”. Urge dunque un “chiarificatore esercizio del semestre italiano di presidenza europea” per un governo che “opera nella pienezza della sua responsabilità politica e delle sue prerogative costituzionali, e con l’apporto di un arco di forze politiche che vada decisamente oltre i confini dell’attuale maggioranza di governo”. Tali forze (del bene) saranno “sorrette dall’eccellente retroterra di analisi e proposte offerto da un’autorevole e imparziale Commissione di studiosi ed esperti”. Il Presidente prosegue con cipiglio spumeggiante, esortando a “rapporti di stima reciproca e di consuetudine amichevole”. Confida in “condizioni di maggior sicurezza nel cambiamento” che gli consentano “un distacco comprensibile e costruttivo dalle responsabilità che un anno fa mi risolsi ad assumere entro chiari limiti di necessità istituzionale e di sostenibilità personale”. Fino a quel giorno, nessuno osi dubitarne, l’impegno sarà “irrinunciabile” affinché si possa “rimotivare e riaffermare con la necessaria apertura a fondate istanze di rinnovamento e con concreta capacità persuasiva”. Prima di congedarsi, Re Giorgio chiede scusa “per la lunghezza di questa mia risposta”. L’autocritica è lodevole e la lunghezza perdonabile. Se poi la lettera fosse stata anche solo minimamente comprensibile, sarebbe quasi sorta nei sudditi la voglia insana di partire con la ola.

Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano 19/4/2014