Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 19/4/2014, 19 aprile 2014
PROFUMO FA RISPARMIARE 3 MILIARDI AL GOVERNO
La tentazione era forte nel “groviglio armonioso” che lega a Siena politica e affari: mettere a posto i conti del Monte dei Paschi convertendo in azioni il prestito statale (i cosiddetti “Monti bond”) da 4 miliardi di euro. In pratica la nazionalizzazione, un modo per evitare l’oneroso aumento di capitale previsto per l’inizio dell’estate, ma anche per ricondurre il controllo della banca tra le sicure e conosciute braccia della politica.
Di questa filosofia si era fatta insistente portavoce, nelle scorse settimane, la Fondazione Mps, fino a poche settimane fa azionista di maggioranza della banca, espressione della politica locale presieduta dalla renziana Antonella Mansi. Naturalmente il sogno di mezza primavera è durato poco, esattamente fino al momento in cui il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, impegnato fino a ieri nella ricerca di ogni spicciolo per far quadrare i conti degli 80 euro, ha strabuzzato gli occhi. La conversione in azioni dei Monti Bond avrebbe significato, pari pari, un nuovo buco da 3 miliardi nei conti 2014 dello Stato dei contribuenti. È vero che la struttura giuridica del prestito con cui il governo Monti ha salvato il Monte nel 2012 prevede che sia la banca a poter decidere unilateralmente la conversione del prestito in azioni, e quindi la non restituzione, ma è anche vero che sono bastate poche parole, tra il ministro e il presidente di Mps, Alessandro Profumo, per chiudere il discorso. Ciò che Profumo voleva, visto che né lui né l’amministratore delegato Fabrizio Viola avevano mai pensato di risolvere la loro missione impossibile di salvare la terza banca italiana con la nazionalizzazione, umiliante per i due manager e distruttiva per i conti del governo Renzi.
Così ieri pomeriggio il consiglio d’amministrazione del Monte dei Paschi ha deliberato, all’unanimità, di portare da 3 a 5 miliardi l’aumento di capitale già deciso a fine dicembre. L’operazione sarà sottoposta agli azionisti il 20 maggio prossimo , non essendoci i tempi tecnici per portarla all’assemblea di bilancio del 29 aprile.
L’idea di salire da 3 a 5 miliardi è nata negli uffici di Rocca Salimbeni un mese fa, quando i funzionari hanno letto con attenzione le 290 pagine di regolamento della Asset Quality Review, la verifica europea della salute delle prime 130 banche continentali prevista per fine anno. Contrariamente alla vulgata ottimista circolata nei mesi scorsi, i parametri sono così severi che Profumo ha visto il rischio di trovarsi in difficoltà e quindi costretti a chiedere un ulteriore aumento di capitale appena sei mesi dopo quello già deliberato. Anche perché i tre miliardi previsti inizialmente sono destinati a restituire appunto 3 dei 4 miliardi dei Monti Bond, senza beneficio alcuno per la solidità patrimoniale del Monte. Con i 5 miliardi deliberati ieri Mps ha anche il vantaggio di arrivare per primo sul mercato dei capitali, mettendosi al sicuro prima che anche le altre banche siano eventualmente indotte a chiedere risorse fresche agli azionisti in vista degli esami di fine anno.
Il senso politico della storia è riassunto nel commento che Viola ha fatto a caldo ai microfoni di SkyTg24: “Nessuna nazionalizzazione. L’incremento della ricapitalizzazione consentirà il rimborso di 3 miliardi di prestiti statali e questo rispetto dell’impegno assume importanza particolare soprattutto in un momento in cui il governo è impegnato a reperire risorse per il documento finanziario messo a punto per stimolare la crescita del Paese”. Più renziano della renziana Mansi.
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Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 19/4/2014