Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 18/4/2014, 18 aprile 2014
LA MOSSA IMPREVEDIBILE DI FOSSATI CHE SPARIGLIA I GIOCHI TELECOM
La "mossa del cavallo pazzo" spariglia la partita su Telecom. Con il 5% di Findim, l’1,15% messo assieme dai piccoli azionisti Asati e il 2% istituzionale che ha votato per la lista guidata da Vito Gamberale, Marco Fossati avrebbe avuto quell’8% sufficiente a ottenere un posto in consiglio. Sarebbe stato comunque un magro risultato, visto che Gamberale era stato proposto per il vertice, e dopo tutto il daffare per preparare l’assemblea di dicembre, quando si era sfiorata la revoca del board, nonchè per confezionare un piano industriale, bizzarramente di minoranza. Ma, con sorpresa generale, in assemblea Fossati ha deciso d’impulso di cambiare linea, dirottando i suoi voti insieme a quelli dell’Asati sui candidati dei fondi. Una mossa che, mettendo per la prima volta Telco in minoranza, ha fatto scattare la nomina diretta in assemblea degli amministratori, in aggiunta ai sei nominati col voto di lista, per arrivare a 13. A quel punto il rappresentante legale di Findim, Alberto Toffoletto, ha proposto lo scambio: «Noi votiamo per Recchi alla presidenza, voi votate per due dei nostri candidati al consiglio». Una rapida consultazione dalla sala con Clemente Rebecchini – che, in Mediobanca, teneva le fila per Telco – ha portato quel rifiuto al compromesso, che oggi Findim bolla come «arroganza verso il mercato», promettendo di continuare la battaglia per cambiare lo statuto in versione public company.
Un lascia o raddoppia, insomma, che, concretamente, è finito con un lascia per Findim, rimasta esclusa dal board, ma di fatto ha provocato una situazione senza precedenti nella finanza italiana, spiazzando tutti gli attori in scena. A partire da Assogestioni che questa volta, a differenza di dicembre, ha presentato solo tre nomi: senza il 6% di Fossati e Asati, si sarebbe fermata al 22%, confermandosi minoranza rispetto al 22,4% di Telco. Per arrivare a Telco che, col 25,5% totalizzato in assemblea, poteva ragionevolmente supporre di avere "normalizzato" la situazione. Invece si è arrivati al paradosso di una lista di minoranza che è diventata maggioranza in assemblea, ma è rimasta in minoranza in consiglio. E di una lista di maggioranza che, al contrario, è diventata di minoranza, ma esprime ancora i quattro quinti del board. Con un presidente, Giuseppe Recchi, candidato dalla maggioranza finita in minoranza, che però, grazie alla richiesta della minoranza Findim, ha ottenuto l’investitura dall’assemblea col 50% del capitale. E con il capolista della "strana" maggioranza, Lucia Calvosa, che per le regole di Assogestioni – pensate per una situazione standard – forse non potrebbe assumere nemmeno quella vice-presidenza che i dipendenti-azionisti reclamano per lei e che logica vorrebbe fosse il minimo di responsabilità che la maggioranza assembleare, col 28% del capitale, pretenderebbe assumesse.
Tutto ciò non potrà essere ignorato. È possibile perciò che il consiglio Telecom, che si riunisce oggi per l’attribuzione delle deleghe, abbia bisogno di un supplemento di riflessione per rimodellare un assetto complessivo che calzi all’atipica public company emersa all’assemblea. Ieri si è svolto un incontro riservato tra l’ad Marco Patuano e il neo-presidente Recchi per discutere delle deleghe. In un’intervista al «Corriere della Sera» il presidente Eni uscente aveva detto che non avrebbe avuto deleghe operative e nemmeno sulle strategie: l’esito dell’assemblea ha cambiato il quadro? E come si qualificano i rapporti istituzionali-regolamentari che per un gruppo come Telecom non sono tutti di "rappresentanza", ma anche funzionali al business? E, ancora, ha senso in questo contesto abolire il comitato esecutivo, come suggerito dal precedente cda, espresso da una maggioranza che è stata ribaltata dalla mossa del cavallo pazzo?
Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 18/4/2014