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 2014  aprile 18 Venerdì calendario

LA BUNDESBANK HA TRASFERITO ALLA BCE IL RISCHIO DI CREDITO


I trattati della Ue vietano alla Bce di stampare moneta per finanziare (monetizzare) il debito pubblico dei Paesi dell’Unione; non è quindi possibile mettere a fattore comune (mutualizzare) i rischi finanziari dei debiti. Statisticamente l’Europa dell’euro ha circa 10.000 miliardi di debito pubblico, in media sul Pil è al di sotto del 100%, valori che dovrebbero fare dell’Europa, rispetto a Giappone e a Stati Uniti, entrambi con valori assai più alti, un’isola felice lontana da rischi sistemici. L’assenza di regole mutualistiche strutturali porta invece gli operatori ad apprezzare attraverso lo spread le differenze dei rischi di credito tra i vari Paesi. Spread persistenti nel tempo tra l’1% e il 5% - come quelli che l’Italia sta sperimentando dal 2008 - incrementano gli oneri finanziari dell’industria manifatturiera amplificando il fenomeno sperimentato negli anni precedenti a causa dei tassi di inflazione più elevati rispetto a quelli tedeschi; i maggiori oneri si scaricano sui prezzi di vendita dei beni nel momento in cui il costo del lavoro non è più comprimibile. Questo significa, per quei beni prodotti in tutti i Paesi dell’Ue e la cui competitività è basata sul prezzo (e che sono una buona parte del PIL), che vende chi ha lo spread più basso cioè la Germania. 12 anni di surplus commerciale tedesco medio del 5% trovano una prima spiegazione, considerato che si tratta di un caso isolato rispetto agli altri Paesi Ue, che sperimentano quasi sempre da anni deficit generalizzati.
C’è dell’altro. Nell’architettura dell’Euro, quando una banca italiana paga un debito di 100 verso una banca tedesca la sua liquidazione passa attraverso il sistema dei pagamenti interbancari denominato target 2 e conseguentemente la Bundesbank diviene creditrice di 100 euro verso la Banca d’Italia. Prima della liquidazione, se la banca italiana non pagava, la banca tedesca era in difficoltà cioè sperimentava un rischio di credito e in caso di insolvenza sarebbe dovuto intervenire il salvataggio da parte del governo tedesco. Dopo la liquidazione, il credito di 100 è intestato alla Bundesbank ed è garantito dalla stessa esistenza dell’euro; il rischio di credito della banca tedesca è stato de facto trasferito sull’eurotower di Francoforte ed è quindi mutualizzato sui paesi dell’Ue. Acquisito questo meccanismo, se osserviamo l’andamento dei crediti delle banche tedesche verso gli altri sistemi europei notiamo un interessante andamento ciclico (vedi figura a sinistra in basso). I crediti aumentano sostanzialmente fino all’arrivo dei finanziamenti di 1.000 miliardi di euro a lungo termine della Bce (LTRO) a cavallo tra 2011 e 2012; crediti che hanno finanziato gli altri Paesi dell’Ue per comprare manufatti dell’industria tedesca, e quindi ancora una volta supportare il surplus commerciale della Germania: il cosiddetto vendor financing come ricordava qualche tempo fa il banchiere Antonio Foglia. Erogati dalla Bce gli LTRO, le banche europee hanno la liquidità per onorare i debiti con la Germania per quasi 300 miliardi di euro (per l’Italia l’impegno è di 50 miliardi), il cosiddetto deleveraging; le banche tedesche azzerano tramite target 2 il rischio di credito verso gli altri sistemi bancari dell’Ue. Terminata questa fase del ciclo, le banche tedesche ripartono con il vendor financing espandendo i crediti mentre gli altri sistemi bancari dell’Ue avviano il rimborso degli LTRO alla Bce. Il tutto fino a che non sarà necessario un nuovo supporto della Banca centrale europea di mutualizzazione del rischio di credito del sistema bancario tedesco verso gli altri Paesi.
L’architettura dell’euro ha dunque assecondato gli effetti degli squilibri permanenti delle bilance dei pagamenti dei Paesi dell’Unione monetaria, caratterizzati da permanenti surplus delle partite correnti della Germania e forti deficit dei Paesi periferici, favorendo il deleveraging del settore bancario europeo. L’annuncio di un Quantitative Easing per 1.000 miliardi di euro da parte della Banca centrale europea va quindi esaminato in questa prospettiva.

Marcello Minenna, Il Sole 24 Ore 18/4/2014