Giovanni Pons, la Repubblica 18/4/2014, 18 aprile 2014
IL CDA TELECOM AL VIA FOSSATI CONTRO LA TELCO “HA IL CONTROLLO DI FATTO”
MILANO. Si riunisce oggi il primo consiglio di Telecom Italia che dovrà decidere sulle deleghe del neo presidente Giuseppe Recchi e sulla composizione dei vari comitati, con un occhio di riguardo a quello per il controllo interno (5 membri) e a quello per le nomine e le remunerazioni (3 membri). Bisognerà capire poi come sarebbe composto il super comitato che dovrà vigilare sulle operazioni in conflitto di interesse di un valore superiore a due miliardi, procedura speciale introdotta per garantire l’estraneità di Telecom rispetto agli interessi di Telefònica in Brasile. In teoria, salvo l’ad Patuano, il consigliere Tarak Ben Ammar – che anche nel passato cda non era considerato indipendente – e Jean Paul Fitoussi, amministratore dal 2004 per cui la sua candidatura può essere discussa – tutti gli altri consiglieri hanno i requisiti ad hoc.
MILANO . «Alla prova dei fatti, dopo settimane in cui il management ha enunciato volontà di cambiamento della governance verso un modello public company, il socio Telco ha scelto di non ascoltare le chiare e forti richieste del mercato espresse in assemblea e in solitaria minoranza ha votato i propri rappresentanti nel cda». Lo sfogo è di Marco Fossati, proprietario insieme alla sua famiglia della finanziaria Findim, che controlla il 5% di Telecom Italia, il giorno dopo un’assemblea che ha fornito due segnali in opposte direzioni. Da una parte la lista Assogestioni è uscita vincitrice grazie alla convergenza su di essa dei voti dei fondi di investimento ma alla fine anche della Findim e dell’Asati (l’associazione dei piccoli azionisti). Dunque il mercato ha vinto e la Telecom dovrebbe di conseguenza avere un cda che sia la massima espressione di esso. Invece no. Poiché i rappresentanti dei fondi in assemblea non avevano le deleghe per votare altri nomi all’infuori dei tre indicati da Assogestioni, gli altri dieci consiglieri sono arrivati dalla lista di maggioranza presentata dal socio Telco che però non ha vinto in assemblea. E così ora si naviga in una situazione paradossale, con il mercato che ha vinto e il socio Telco che ha il controllo di fatto della società in quanto ha nominato i quattro quinti dei consiglieri. A nulla sono serviti gli sforzi di Fossati per una mediazione che voleva eletti anche due rappresentanti di Findim oltre ai tre di Assogestioni, fatto che avrebbe bilanciato in parte la situazione con 5 consiglieri indicati dal mercato e 8 da Telco. «Il rifiuto del socio Telco di accettare la proposta di Findim dimostra unicamente, e plasticamente, il controllo di fatto che il socio di maggioranza relativa Telco/Telefònica esercita, e pretende di esercitare, su Telecom Italia», sottolinea ancora Fossati.
Quanto può durare questa situazione? In teoria tre anni, quanto è la durata fissata per il cda dall’assemblea di ieri. In pratica già a fine giugno potrebbero precipitare le cose quando Telco dovrebbe sciogliersi per volontà degli azionisti italiani (Generali, Mediobanca, Intesa Sanpaolo) assegnando a ognuno dei suoi componenti la quota parte di azioni e debiti. A Telefònica spetterà circa il 15%, un pacchetto non sufficiente a formare una minoranza di blocco se la partecipazione dei fondi in assemblea sarà elevata come lo è stato mercoledì (56% del capitale presente). Si entrerà così in una fase in cui un cda con un presidente, Giuseppe Recchi, forte poiché votato dal 50% del capitale presente al momento in assemblea, ma con 9 consiglieri espressione di un’entità che non esisterà più, dovrà governare una società la cui missione è ancora tutta da scrivere. «Findim continuerà a svolgere il suo ruolo di azionista attivo e propositivo, per sostenere il nuovo management, verso cui si ripone, fino a prova contraria, fiducia nella trasformazione, certa e irreversibile, di Telecom in una vera public company con esclusione di conflitto e controllo di fatto», dice Fossati. Ciò significa che se Telefònica tornerà alla carica con una proposta per la vendita di Tim Brasil la strada sarà davvero in salita. Non solo scatterà la procedura speciale con il Comitato degli indipendenti che in ultima istanza porterà il voto in assemblea (che Telefònica non controlla), ma Fossati potrebbe tornare a chiedere la revoca del cda per conflitto di interessi. Inoltre, per risolvere il nodo del controllo di fatto, a questo punto non si può escludere un intervento della Consob a cui la Findim intende rivolgersi con un esposto già nelle prossime settimane.
Giovanni Pons, la Repubblica 18/4/2014