Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 18 Venerdì calendario

MILANO

C’è una bambina a Milano che da sette mesi aspetta di avere un nome. I loro genitori, Roberto e Giulia — i nomi sono di fantasia — , quando è venuta alla luce la loro prima figlia uno lo avevano scelto: Lior. In lingua ebraica — la religione di entrambi —, significa «Mia Luce». Appena nata, Roberto, un trentenne professionista milanese, si è recato all’ufficio anagrafe e ha denunciato la nascita della piccola. Tutto nella norma, secondo la legge. Ma qui, nel giro di poco tempo, in realtà sono sorti i problemi che, ad oggi, impediscono ufficialmente alla piccola di avere un nome.
Il funzionario dell’anagrafe del Comune ha segnalato alla procura della Repubblica di Milano quella che riteneva fosse un’anomalia. Lior, è un nome maschile o femminile? E, soprattutto, questa presunta ambiguità, potrà ledere il futuro della neonata? La segnalazione non è una novità. Prima, però i genitori hanno ricevuto un avvertimento verbale, in cui si chiedeva di modificare la registrazione. Niente da fare, la scelta era fatta ed era ritenuta irremovibile. Ed è per questo che si è arrivati al «giudizio di rettificazione» per Lior. Con tanto di convocazione dal giudice tutelare. Una sorta di processo vero e proprio in cui i genitori della piccola, la scorsa settimana, sono stati chiamati a giustificare questa «anomalia». All’udienza, a cui ha preso parte anche un magistrato che ha sostenuto la cancellazione del nome, era presente anche la piccola, in un passeggino. E davanti al giudice, i genitori di Lior hanno fortemente insistito nel difendere la propria scelta. All’avvocato hanno detto: «Siamo disposti a rivendicare il nostro diritto fino davanti alla Cassazione».
«Abbiamo prodotto anche un parere della comunità ebraica milanese — spiega il legale della coppia, l’avvocato Claudia Shammah —, in cui è certificato come in Israele sia ampiamente riconosciuto Lior come nome diffuso esclusivamente tra le donne». Fino ad ora non è stata ufficialmente comunicata la decisione finale del giudice. In caso in cui il ricorso venisse respinto, il nome verrebbe imposto d’ufficio. Di certo, nel corso dell’udienza, il magistrato ha tentato di fare cambiare idea ai nuovi genitori, suggerendo il nome assonante di Laura, e ricordando come la scelta fosse «troppo poco comune», e potesse creare dei pregiudizi in futuro alla piccola. «Sono sicura che il giudice accetterà le nostre ragioni — spiega ancora Shammah — . I miei clienti sono determinatissimi a difendere la propria scelta. Il tema è molto delicato, soprattutto perché in Israele i nomi dei nascituri vengono scelti in base a una sorta di rito e a una storia, spesso familiare». I genitori di Lior preferiscono al momento non rilasciare dichiarazioni, anche per non influenzare in nessuna maniera il giudizio che verrà emesso nei prossimi giorni. «Sono convinta che il giudice alla fine capirà le ragioni dei genitori di Lior», conclude il legale.
Nel 2000 è entrata in vigore una nuova norma in materia di «attribuzione di nomi». A Milano, in Tribunale i casi trattati sono mediamente uno al mese. In gran parte si tratta di cittadini stranieri, residenti in Italia, che non conoscono perfettamente le regole. Vietato, dunque, darne più di tre al piccolo, o cognomi identici a quello della madre. Nella maggioranza dei casi, basta farlo presente a chi è incorso in un errore inconsapevole, e il problema è risolto. Le ultime segnalazioni dei funzionari del Comune riguardano due genitori di origini belghe che hanno battezzato la figlia con quattro nomi. Vietato. Una cittadina extracomunitaria, invece, ha dato alla figlia come terzo nome il suo cognome. Vietato anche questo.
All’articolo 34 della legge del 2000, sono specificati un lungo elenco di divieti, probabilmente sconosciuti ai più. Come le omonimie «con il padre vivente o un fratello, un cognome come nome, nomi ridicoli o vergognosi ». Nel caso di stranieri, «devono essere espressi in lettere dell’alfabeto italiano », con poche deroghe. O — ed è il caso della neonata Lior — , la scelta deve permettere facilmente l’identificazione di un maschio e di una femmina.

Emilio Randacio, la Repubblica 18/4/2014