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 2014  aprile 18 Venerdì calendario

CONTRO VIDEO E SMARTPHONE IL POLITICO ORA COPRE IL LABIALE


ROMA Silvio Berlusconi o si morde la lingua per non parlare male dei magistrati - sennò lo mandano agli arresti domiciliari e niente più vecchietti dell’ospizio brianzolo - oppure, come s’è visto ieri nella conferenza stampa, fa il gesto di tapparsi le labbra con la mano. Gli altri, invece di mettersi il silenziatore fra i denti o di inibirsi il gusto del parlare (che nel caso di Silvio è spesso uno straparlare), adesso e sempre di più ricorrono nelle loro conversazioni in pubblico, con il collega ministro o con il compagno di partito, a quello che sta diventando una moda o un tic o una forma di prevenzione che se non la usi non sei nessuno. Insomma si mettono la mano davanti alla bocca. E dietro le cinque dita (anzi, quattro: una sta appoggiata alla guancia, o piazzata sotto il mento, e le altre coprono i bisbigli) sussurrano al vicino di banco i loro pensieri o il loro motteggi, le battute sdrammatizzanti o le idee politologiche che potrebbero cambiare i destini nazionali. L’importante è che i contenuti dei colloqui non vengano captati da nessuno nè sotto l’aspetto sonoro nè sotto quello visivo.
ARCANA IMPERII
Gli arcana imperii - ossia i segreti dell’arte di governo, o di opposizione - non devono essere svelati dal labiale. Quante volte Renzi, in conferenza stampa a Palazzo Chigi o in mezzo all’emiciclo di Montecitorio, si rivolge al superministro Padoan facendo così? Ormai c’è una galleria fotografica intitolabile: «Scopri che cosa si stanno dicendo Matteo e Pier Carlo». Le quattro dita anti-labiale servono ai leader e ai peones per difendersi dagli smart-phone che immortalano ogni loro movimento semi-gengivale (cercando di risalirne al significato politico), dalle telecamere e telecamerine a lunga distanza e ad alta precisione, dai super-zoom, dai video che fanno tutti su tutti e dai fuori-onda diventati pericolo virale.
Il colmo dell’ossessione da labiale sta in quella foto dell’altro giorno in cui, seduti sui banchi del Senato, si vedono l’ex capogruppo dei 5 Stelle, Vito Crimi, e il suo guru Grillo che conversano così. L’uno ha le quattro dita sulle labbra, l’altro - Beppe - addirittura si tira su il bavero del giaccone così che quel pezzo di stoffa diventa una sorta di barriera per non far vedere a nessuno le cose che sta dicendo al suo adepto. E devono essere cose divertenti (oppure Crimi, che ha la pennica facile, sta sbadigliando?), visto che i due sembrano sorridere dietro alle proprie barriere. Si staranno raccontando una barzelletta su Pierino o sull’Ebetino di Firenze, cioè Renzi? I renziani - occhio al ministro Boschi e al collega Delrio spesso immortalati nel reciproco gesto dell’autoprotezione - sono dediti a questa pratica della riservatezza esibita. Il premier, nell’esercitarla, ricorre anche - come documentato in una bella foto - a una variante: parlare dentro il pugno della propria mano che diventa una sorta di tubo che finisce dalle parti dell’orecchio di Padoan. Ma la lotta anti-labiale nel Palazzo ogni giorno si arricchisce di nuove sequenze. Il gesto è stato mutuato dai calciatori. Che spesso, quando vengono sostituiti dall’allenatore, gli gridano un «vaffa» coprendolo con le quattro dita. Adesso anche la politica è andata nel pallone.