Paolo Nori, Libero 18/4/2014, 18 aprile 2014
COME LA CODA DEL MAIALE
L’altro giorno ho visto in rete un’intervista a Pippo Civati in cui Civati diceva, a un certo momento: «Io sono una brava persona».
A me Civati è simpatico, lo conosco, ci siamo parlati, abbiam ragionato su cosa vuol dire, secondo noi, fare politica, e secondo lui vuol dire una cosa (che si potrebbe riassumere, banalizzando con: «Avere un ruolo istituzionale e, da quel ruolo, fare delle cose ben fatte»), e secondo me un’altra (che si potrebbe riassumere, banalizzando con: «Essere gentili»), e probabilmente tra noi due ha ragione lui perché lui ne sa molto più di me e proprio per questo, perché mi sembra che lui, della materia, ne sappia, mi succede di restarci male quando sento Civati fare delle dichiarazioni come: «Io sono una brava persona».
Mi viene in mente Tolstoj, che diceva, se non ricordo male, di aver conosciuto alcuni santi e diversi mascalzoni, e i santi che aveva conosciuto, interrogati sulla loro santità, avevan risposto tutti di esser dei peccatori, e i mascalzoni che aveva conosciuto, interrogati sulla loro mascalzonaggine, avevan risposto tutti di esser dei santi, diceva Tolstoj, se non ricordo male.
E in questo fatto di proporre se stessi come degli esempi, quel che non mi torna è che questo consiste, necessariamente, nell’essere soddisfatti di sé, o nel sembrarlo, e quando vedo qualcuno che sembra soddisfatto di sé a me vien sempre in mente una frase di Cechov, alla fine di un racconto che si intitola Uva spina, che è un racconto dove il protagonista è contento del pessimo vino che fa dall’uva spina «e questo», scrive Cechov, «è il dramma più terribile, che un uomo sia contento della propria esistenza».
E io, che ho studiato russo, e ho vissuto in Russia, e mi piacciono i russi, capisco Turgenev quando dice: «L’uomo russo è buono soprattutto per il fatto di aver di se stesso una pessima opinione».
Ecco io, sarò io che son strano, ma per uno che è soddisfatto di sé io ho un’istintiva diffidenza, mentre per uno che ha, di sé, una pessima opinione, ho un istintivo rispetto.
E Civati, secondo me, per come lo conosco io, che non lo conosco molto ma un po’ sì, è tutt’altro che soddisfatto di sé in quel modo volgare di cui parla Cechov, ma è costretto, per il suo ruolo di parlamentare, a fare delle dichiarazioni come «Io sono una brava persona» che sono dichiarazioni che non son neanche originali, perché lì, in Parlamento, a sentirli, son tutti delle brave persone.
Quando mi son laureato, venti anni fa, a mia nonna, che aveva fatto la seconda elementare, il fatto che io mi fossi laureato sembrava una cosa grande, grandissima, e ogni tanto, dopo pranzo, mi diceva che senz’altro sarei andato al Parlamento. Io le dicevo «No, nonna, farò poi dell’altro», e infatti è andata così, ho poi fatto dell’altro, e mi vien da pensare che ho trovato un mestiere un po’ più adatto al mio carattere che io non sarei mai capace di dire che sono una brava persona, sprofonderei per la vergogna, mentre invece il mestiere che faccio è un mestiere che posso dire tranquillamente quello che penso di me, che in questo momento è che sono un rompicoglioni egolatra che non gli va mai bene niente.