Giulia Zonca, La Stampa 18/4/2014, 18 aprile 2014
SPEEDY BALE
Sessanta metri per oscurare cento milioni. Con il gol sprint segnato nella finale di Coppa del Re di Spagna contro il Barcellona, Gareth Bale si è tolto di dosso il cartellino del prezzo. Lo ha strappato una falcata dopo l’altra e ne ha usate ben 30 per coprire i 59,1 metri che lo hanno portato al gol: un’azione lampo durata 7”04 secondi. Rapido, preciso e ormai libero.
Era l’uomo più pagato del calcio, etichetta fastidiosa che al suo esordio con il Real Madrid gli è costata pure dei fischi. Sospetto, insofferenza e troppi soldi spesi per ricevere giudizi equi. Niente era abbastanza. Dopo tre gol, 4 assist e i complimenti di Ronaldo, la Spagna ha smesso di criticarlo e lo ha accantonato. Una sorta di oblio punitivo per il costo esorbitante da cui si stava tirando fuori a forza di reti e pazienza. Mercoledì ha dato uno strappo, con un’accelerata da velocista si è smarcato dal marchio dei dollari. Il suo contratto è stato definito «amorale» ma quel gol straordinario rientra nella dimensione del capolavoro. Un genere impossibile da valutare secondo parametri logici.
Il talento, da sempre precoce e veloce, attira la polemica perché chiuso il capitolo «nessuno vale tanto» si apre quello del calcio muscolare, una sorta di insulto per i passionari del tika taka. Stavolta il dibattito non è contagioso, la stragrande maggioranza, applaude. Vero, Bale ha un fisico notevole e da sempre punta sulle doti atletiche, per conferme chiedere a Maicon che ancora se lo sogna mentre gli sfreccia davanti nel Tottenham-Inter 3-0 finito con i cori «A taxi for Maicon».
Bale ha allenato il fisico e non è solo lavoro da palestra. Da sempre dotato per ogni genere di sport, a scuola, alla Whitchurch High School di Cardiff, stava nella squadra di rugby, in quella di hockey, in quella di atletica e ovviamente in quella di calcio dove l’insegnante di educazione fisica Gwyn Morris aveva creato regole solo per lui. Mai usare il sinistro, tanto speciale da azzerare la concorrenza, e passaggio obbligatorio al secondo tocco. Nella cavalcata che ha consegnato la Coppa del Re al Real ha toccato il pallone cinque volte, sei incluso il tiro. E ha amministrato le energie, salvato la coordinazione: anche dopo quei 59 metri tirati ha avuto la lucidità di andare a colpo sicuro. Sapeva che non avrebbe sbagliato anche se era reduce da uno sforzo extra arrivato all’85° minuto in una sfida piuttosto intensa. Bale è abituato alla resistenza, di solito corre una media di 13 km a partita, in ognuna ci piazza almeno uno scatto di 50 metri. E non si limita a questo, sa realizzare passaggi precisi, inventare azioni e tirare punizioni perfette.
Ryan Giggs ancora ricorda una delle sue prime gare in nazionale: 5 settembre 2006 seconda presenza nel Galles per un giovanissimo Bale che ha esordito a 16 anni. Davanti c’è il Brasile con Ronaldinho, Kaka e Maicon pre trauma. L’arbitro fischia un fallo al limite dell’area per il Galles e un impettito Bale prende la palla. Mentre se la sistema Giggs gli picchietta la spalla e senza dire una parola si riprende il posto. L’ombra di una leggenda sopra un bambino che non ha fatto una piega, anzi, ha lasciato la posizione con una smorfia, convinto che quella possibilità spettasse a lui. Oggi Giggs, 40 anni e ancora pilastro del Manchester United, ride quando racconta la storia diventata tormentone. Allora l’aveva considerato un gesto di supponenza, negli anni ha capito che si trattava di naturalezza. Bale sapeva di avere i numeri per spaventare il Brasile da adolescente e ora che è cresciuto ha demolito il Barcellona di Messi.
Investimento: 100 milioni di euro però chiudere il ciclo degli osannati rivali non ha prezzo. Soprattutto se succede in 7 secondi di pura ebbrezza.
Giulia Zonca, La Stampa 18/4/2014