Raimondo Bultrini, D di Repubblica 12/4/2014, 12 aprile 2014
INDIA SENZA FIGLIE
Non c’è nulla di più potente delle statistiche ufficiali per svelare quale condizione umana si cela dietro ai numeri. Specialmente se la materia del calcolo è l’enorme divario maschi-femmine in un continente da oltre un miliardo di anime come l’India. Non appena ricevuto il Censimento annuale della salute nazionale effettuato tra quasi 5 milioni di cittadini campione dei nove Stati più popolosi del Paese, anche i ministri del governo hanno dovuto prendere atto con sconcerto di un’anomalia sempre più preoccupante: il tasso in declino della popolazione femminile tra zero e 4 anni. Quei tabulati scientifici mostrano al di là di ogni dubbio che la predominanza numerica maschile non è una tendenza genetica, né solo l’esito degli aborti mirati dopo l’ecografia, come sostenevano gli studi del passato: sono 23 ogni 1000, in India, le bambine decedute dopo poche settimane di vita, contro la media del 14 per mille tra i neonati maschi: sono i numeri di un silenzioso e costante genocidio “di genere”, conseguenza diretta di vessazioni quotidiane tra le mura domestiche, di attitudini culturali, di condizioni sociali disagiate, di interpretazioni religiose.
UN GENOCIDIO SELETTIVO
La realtà che quei dati delineano in gran parte dei 9 Stati presi in esame dal censimento indiano non ha precedenti, né riscontri in nessun altro Paese al mondo: il 61% di bambini maschi contro il 39% di femmine in grado di sopravvivere alla prima infanzia. Ai politici e ai demografi era già ben noto che le bambine, rispetto ai fratelli, ricevono meno cibo, meno cure, meno vestiario, meno medicine e – va da sé – meno affetto. Che vengono sacrificate, di fatto, per far sopravvivere i fratelli. Ma nessuna prova finora era così lampante, e le statistiche brutali di questa ricerca frutto della cooperazione tra vari Ministeri della salute, non permettono più a nessuno di più fingere di non sapere. Nel caso di un figlio maschio e di una femmina nati dagli stessi genitori privi di mezzi, la terribile scelta di vita e di morte è legata a considerazioni pratiche. Il maschietto un giorno porterà in casa una moglie per le faccende domestiche e perfino una dote concordata prima del matrimonio, poi troverà un lavoro, con relativa facilità. La bambina diventerà invece un fardello sempre più pesante, che si sposi o no: se resterà in famiglia graverà sui genitori, se troverà un marito le nozze obbligheranno madre e padre a indebitarsi, spesso per tutta la vita, per assolvere la pratica tanto illegale quanto diffusa della dowry, o dote obbligatoria, ovvero soldi e averi con cui risarcire la famiglia dello sposo dal danno di un’altra bocca da sfamare. La scelta su chi salvare, scontata tra un fratello e una sorella, diventa ancora più difficile quando si tratta di due sorelle. In genere è quella più remissiva a essere graziata: perché si è di fatto già adeguata alla vita durissima che il destino le riserverà. Il fatto è che nel Continente indiano il maschio cresce in una condizione di privilegio tale che diventa per lui consequenziale pensare alla donna come a un essere inferiore. Il censimento della salute certifica oggi che una media di 250mila bambine scompaiano in India ogni anno, l’equivalente della popolazione di una media città. Il ragazzo corre assai meno rischi: sono le bambine, poi ragazzine, a essere “sacrificate”, abbandonate a se stesse, flagellate dal freddo e dalla malnutrizione, oltre che dalla mancanza di igiene e dagli stupri, nelle città come nelle campagne: nel solo 2012 ci sono stati 24.923 casi di violenza carnale, il 98% dei quali commesso da familiari o stretti conoscenti. Stando ai numeri delle denunce, certamente solo minima parte del problema reale.
IN RICCHEZZA E POVERTÀ
L’altra notizia shock su questo tema è tuttavia che questo genocidio di genere non è una pratica consolidata solo nelle regioni dove la povertà è endemica come l’Uttar Pradesh, il Bihar, il Madhya Pradesh, l’Orissa, lo Jharkhand, il Chhattisgarh, l’Uttarakhand e l’Assam, ma anche in culle di relativo benessere come il Gujarat. Questo Stato non era incluso nella ricerca ministeriale, ma altri nuovi e attendibili dati raccolti lì mostrano che il divario numerico tra i sessi si è allargato. La percentuale delle femmine è scesa da 928 a 883 ogni 1000 maschi, con la punta negativa del distretto di Mehsana, appena 798. E il paradosso è che Mehsana è la più prosperosa regione del Gujarat, governato nelle ultime tre legislature da Narendra Modi, membro del partito religioso fondamentalista del Bjp, oggi all’opposizione ma dato come premier vincente alle elezioni parlamentari indiane che si sono aperte il 7 aprile e si concluderanno il prossimo 12 maggio. Qualunque futuro capo del governo non potrà prescindere dall’affrontare la questione: sono scomparsi in un ventennio tra i 5 e i 10 milioni di piccole indiane, nonostante le cinque precise norme del codice penale create per dissuadere e punire chi procura l’aborto, uccide o ferisce neonati o semplicemente lascia morire di incuria un figlio minore di 12 anni. È che l’India non ha mai compiuto un passo fondamentale: far penetrare i principi di uguaglianza tra i sessi sancite dalla legge in una società modellata su basi ataviche di supremazia maschile e difettosa del più elementare rispetto per l’infanzia, dove il tasso di denutrizione – questo per entrambi i sessi – è del 42,5%. Basta fare un paragone con l’altrettanto popolata Cina, dove quel dato si assesta al 3,8%, per capire che non è meramente una questione di povertà.
LE CASTE E IL PREGIUDIZIO
La statistica dei Ministeri della salute fotografa un fenomeno che a queste latitudini attraversa confini e ideologie per radicarsi in ogni strato della popolazione, specialmente rurale, con poche speranze di cambiamento riposte nell’attuale classe dirigente o in quella designata dai pronostici per i prossimi 5 anni. Proprio il Bjp, il partito del favorito al ruolo di leader, è considerato il principale sostenitore del sistema “religioso” delle caste, che da millenni tiene imprigionata la società indiana nelle gabbia del genere, del censo, dell’Intoccabilità. Lo stesso candidato premier Modi, come hanno sottolineato senza vergogna i suoi sostenitori durante la lunga campagna elettorale, è rimasto scapolo, un modo di mantenere la sua “purezza” intatta. Ma pure il progressista e laico Rahul Gandhi, vicepresidente del Partito del Congresso, rivendica con orgoglio il suo status di celibe, benchè nel suo caso sia giustificato da un più vaga affermazione che il suo scopo è «servire meglio l’interesse del prossimo». Finora, sulla stampa indiana, salvo rarissime eccezioni, lo studio che dimostra numeri alla mano la scomparsa delle bambine non ha trovato lo spazio che merita. Ma non è una sopresa, in una società complessa dove caste di sacerdoti bramini abbienti e membri del censo dei mercanti guidano la lista dei primi 400 industriali e finanzieri, il 100% dei consigli d’amministrazione di grandi tv e pubblicazioni nazionali, il 90% della classe politica nazionale. Neanche nelle case degli Avatar della nuova India, che non rinunciano a educare le proprie figlie fino all’università e le riempiono di smart phone e attenzioni, c’è tempo per occuparsi delle altre bambine, loro sì, figlie di un dio minore.
Raimondo Bultrini, D di Repubblica 12/4/2014