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 2014  aprile 17 Giovedì calendario

UNA PUBLIC COMPANY ATIPICA


Il nuovo corso di Telecom nasce sotto la stella della public company, con il mercato, supportato anche da Findim (che a sorpresa ha dirottato parte dei suoi voti sulla lista di Assogestioni), che in assemblea si rivela maggioranza, scavalcando Telco. Un esito clamoroso per un processo avviato con le contestazioni dell’assemblea del 20 dicembre, quando era stata chiesta da Marco Fossati la revoca del consiglio, mancata d’un soffio. Ma, almeno all’inizio, Telecom sarà una public company atipica. Come è già successo di recente (vedi il caso Rcs) il dissolvimento dei patti che nel bene o nel male garantivano la stabilità dell’assetto di comando lascerà a galleggiare nell’azionariato frammenti troppo grossi per essere irrilevanti, troppo piccoli per poter dettare la linea. Telefonica, che nella fattispecie è il frammento più grosso che lascerà Telco, dovrà fare i conti con il mercato, che da ieri è l’azionista di maggioranza di Telecom, non solo nei numeri, ma anche nei fatti, ratificati dai voti degli investitori istituzionali che in assemblea sono andati compatti a convergere sui tre candidati indipendenti presentati da Assogestioni, mettendo Telco per la prima volta in minoranza eppure ancora in grado di esprimere la maggioranza del consiglio per mancanza di concorrenti. Col suo 15%, il gruppo presieduto da Cesar Alierta non è rappresentata nel board, per sua scelta (il problema brasiliano) ma nemmeno sarà in grado di condizionare operazioni straordinarie che dovessero interessare Telecom perché la quota di cui disporrà fuori da Telco non basterà per costituire una minoranza di blocco nelle assemblee straordinarie, dove si delibera con la maggioranza dei due terzi. Con tutta probabilità Telco deciderà di sciogliersi a giugno; per tutto quest’anno, fintanto cioè che non saranno distribuite le azioni e ripartiti i debiti tra gli azionisti della holding, Telco resterà però in piedi con tutti i suoi vincoli mantenendo compatto quel 22,4% che fino a ieri era riuscito a essere maggioranza relativa, sufficiente a nominare i quattro quinti del board a dispetto dei criteri di proporzionalità, ma non un’anomalia nel panorama societario italiano. Non a caso il management di Telecom ha fatto una scelta realistica: concentrarsi sul business nel primo anno di piano, investire per migliorare servizio e infrastrutture, e accantonare per il momento operazioni straordinarie, che però per il futuro non esclude. Al massimo tra meno di un anno, dunque, quando Telco non ci sarà più, Telefonica rileverà direttamente quel 15% di Telecom che oggi è in condominio e a sovranità limitata. E a quel punto Telefonica dovrà decidere il da farsi con Telecom. Non sarà semplice se nel frattempo non sarà riuscita a sciogliere il nodo brasiliano: un ostacolo che non aveva previsto quando aveva deciso di prenotare con i nuovi accordi tutto quanto il pacchetto di Telco. Ma nemmeno può tornare indietro, perché porterebbe a casa una minsuvalenza superiore ai 2 miliardi, che sarebbe anche economicamente una fine ingloriosa per un’avventura nata comunque male.

Antonella Olivieri , Il Sole 24 Ore 17/4/2014