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 2014  aprile 17 Giovedì calendario

“IO, SUORA MAMMA COSÌ SONO RIUSCITA A RIAVERE MIA FIGLIA”


PESARO.
Elisa ha due mamme e un cuore solo, che non basta per entrambe. Per quasi due anni e mezzo è stata allevata, cresciuta e amata da una coppia di coniugi di Macerata, che l’hanno avuta in affido dopo la nascita. «Ma sono io la madre biologica, solo io. Possono farmi tutto quello che vogliono, lei rimarrà sempre con me», dice oggi Grace, l’ex suora congolese di 43 anni che l’ha partorita, l’ha abbandonata e poi ci ha ripensato. Dopo due anni di ricorsi e lacrime, di avvocati e di sentenze, alla fine ha vinto lei. Elisa (nome di fantasia) ora è qui, in questa casa accoglienza sulle colline di Pesaro, aggrappata al collo di Grace guarda gli estranei con due occhioni grossi come il mondo che l’aspetta. È una storia complicata, questa. Che certamente ha una, e una sola, ragione giudiziaria. Se si parla di affetto, però, le ragioni diventano almeno due.
Grace, perché la decisione di non tenere sua figlia, dopo il parto avvenuto il 22 dicembre 2011?
«Fu una scelta incosciente, mi era stato ordinato dalla mia congregazione, le Petites Soeurs de Nazareth, a cui avevo fatto voto di obbedienza. Mi dissero che se l’avessi data in affidamento, poi sarei potuta tornare con loro. In cuor mio non lo volevo fare».
Eppure firmò anche un foglio con cui rinunciava a fissare un termine per il ripensamento...
«Non capivo cosa mi stava accadendo, in quell’ospedale (di Pesaro, ndr)! Nessuno parlava la mia lingua, ero confusa. L’ostetrica mi strappò subito la bimba dalle mani, nemmeno mi permise di allattarla, dicendomi “non puoi perché l’hai abbandonata”. Riuscii soltanto a farle una foto con il telefonino».
Dopo 72 giorni dalla nascita, il suo avvocato presentò la prima istanza per bloccare l’affidamento. Cos’era cambiato?
«Non era cambiato niente, in realtà. Tornata a casa dall’ospedale passavo le ore in silenzio nella cappella, a pregare e a guardare la foto sul telefonino, a piangere, a pensare a come fare per riaverla. Dov’è mia figlia, chiedevo a tutti. Ero disperata. Credevo che non l’avrei più rivista. Poi..».
Poi cos’è successo?
«Nella casa di accoglienza ho trovato una volontaria con cui mi sono confidata, mi sono aperta, e lei mi ha convinto a parlare della mia storia a Maria (la direttrice), che ha contattato l’avvocato Luca Giardini. Tutto ciò è successo prima che la Congregazione mi comunicasse con una email la mia esclusione: leggendo la lettera sì, mi sono sentita tradita, ma ormai non mi importava più niente. Volevo solo riabbracciare la mia bimba».
La gravidanza non era voluta, lei ha raccontato di essere stata stuprata a Roma da un sacerdote tornato in Congo.
«Non voglio ricordare, mi fa ancora male».
La battaglia legale per riavere Elisa è stata durissima ed è durata due anni. In questo periodo ha potuto vederla?
«Sì, la prima volta per soli 5 minuti, quando aveva già un anno, alla presenza degli affidatari. Non me l’hanno fatta prendere in braccio, io ero come “sull’attenti”, avevo paura di sbagliare qualcosa. Un giorno, poi, mi ha riconosciuta...».
Come?
«Guardava la sua manina e poi la mia, e ho visto dai suoi occhi che stava riconoscendo il colore della pelle. Mi sono sentita la donna più felice del mondo...».
C’è un’altra famiglia, però, che l’ha amata e che ha provato a tenerla con sé. Quale rapporto ha avuto con i coniugi di Macerata?
«Mi dispiace per loro, so che soffriranno. Da una parte li ringrazio perché si sono presi cura di Elisa. Dall’altra però non posso accettare quello che hanno fatto ultimamente».
C’è stata la manifestazione sabato scorso del Comitato “Nati dal Cuore” davanti al Tribunale di Ancona. Intende quello?
«Non solo. Meno di un mese fa mi hanno fatto con insistenza una proposta assurda: volevano convincermi a tenere a casa loro Elisa, “concedendomi” la possibilità di andarla a trovare. Poi nell’ultimo periodo, quando la vicenda giudiziaria si stava risolvendo a mio favore, sono diventati molto scortesi».
Gli consentirà comunque di continuare a vederla?
«Certo, sì. Non sono mai stata contraria a questo».
Si sente pronta a fare la madre, dopo 20 anni da suora?
«Chi ama arriva sempre, ne sono convita. Elisa sta bene, è felice e serena. Qualche volta piange, ma come fanno tutti i bimbi. So che sarà difficile, ma ce la farò.».
Cosa spera per lei?
«Voglio che abbia una vita normale, felice. Vivremo nel mio appartamento, qui nella casa famiglia dove do una mano agli altri ospiti. La manderò a scuola e non la obbligherò a fare certe scelte, come invece le famiglie fanno nel mio paese. Vero piccolina?». Ma non arriva risposta, Elisa ora vuole dormire.

Fabio Tonacci, la Repubblica 17/4/2014