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 2014  aprile 17 Giovedì calendario

MA È L’ANTIMAFIA O IL CIRCO BARNUM?


Volendo fare un po’ d’ordine nel mondo aggrovigliato e scoppiettante dell’antimafia militante siciliana, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Si dovrebbe cominciare dal suo baluardo, la Procura di Palermo e dintorni. Oppure no, forse meglio di no. Non pare opportuno, quando l’antimafioso Nino Di Matteo dice peste e corna dell’antimafiosa Teresa Principato, la quale lancia strali contro il capo antimafioso Francesco Messineo, che adesso spara a zero perfino sull’ex dipendente antimafiosissimo Antonio Ingroia, pur essendo accusato a sua volta delle peggiori nefandezze professionali dall’altro aggiunto antimafia Leonardo Agueci, il quale, poverino, non è nemmeno più nelle grazie antimafiose del procuratore generale, l’antimafioso-veramente-super Roberto Scarpinato, come succedeva ai tempi d’oro. Per non parlare della sostituta Lia Sava, una furia, la sua, una gran delusione verso i colleghi dell’antimafia felix.
Lasciamo perciò stare la Procura di Palermo, visto che nell’antimafia togata troppi corpo a corpo sono in corso, e cerchiamo di ritrovare un senso all’antimafia «senza se», provando a partire da quella «senza ma», che poi altro non è che l’altro baluardo antimafioso, il Partito democratico. Ma ci risiamo subito: perché si scorge un monumento isolato, laggiù, nella penombra dei giardinetti. Non può essere? Può essere, invece: l’onorevole Beppe Lumia, marmorizzato fu. Campione di mille antimafie, capopopolo di mille popoli, protagonista con la collega Sonia Alfano, soltanto l’anno scorso, di gloriosi quanto birichini colloqui (e chissà se legali, e chissà da chi sollecitati) nientemeno che con l’iperdetenuto Bernardo Provenzano, un’imprevista corrente di colleghi antimafiosi lo congelò di brutto.
In Europa era certo di andare Lumia il 25 maggio prossimo. «Magari come turista» gli ha risposto il segretario regionale del partito, Fausto Raciti. Antimafioso com’è, il segretario Raciti è cuperliano. E chi ha scelto Raciti, al posto del grande antimafioso Lumia? Una stella perenne del firmamento antimafioso. È pur vero che Caterina Chinnici, ottima persona, figlia di un
martire della mafia, aveva fatto parte della giunta di Raffaele Lombardo. Vero pure che Lombardo tiene 10 anni sulla groppa per concorso esterno. «Nessun imbarazzo» ha commentato Caterina. Nessun imbarazzo per nessuno, nel Pd dell’antimafia. L’onorevole Antonello Cracolici puntava a Bruxelles anche lui. Segato: «Sono vittima di una vendetta mafiosa» ha dichiarato. Del suo partito, evidentemente.
Nessun imbarazzo. Il presidente Rosario Crocetta, antimafioso militante se ce n’è uno, nonché sponsor di Lumia come meglio non si poteva, ha accompagnato con soavi parole la candidatura Chinnici: «Sbagliata, fu assessore con un mafioso».
Raciti: «Crocetta, il presidente antimafia, farebbe meglio a pensare alla sua giunta». Cracolici, regista antimafioso di quella stessa giunta Lombardo promossa dal compagno Lumia, il trombato, nonché amico del compagno lombardista Raciti, il trombatore, non ha saputo trattenersi: «Vedrete, ora che hanno bocciato Lumia entrerà in scena il circo Barnum dell’antimafia». Bell’amico. Ma era entrato in scena da un po’, il circo. I renziani hanno criticato Raciti e i suoi. Enzo Napoli, racitiano, segretario della Federazione Pd di Catania e antimafioso come nessun altro, il 14 aprile gli ha replicato tenendosi sul vago: «Faraone è un capobastone». Minchia. Davide Faraone, per essere precisi, è il missus dominicus siciliano di Matteo Renzi. E a questo punto, amen.
Magistratura no, partito nemmeno: volendo a tutti i costi rintracciare un filo comune agli ex professionisti di un’antimafia così gloriosa, ma tanto lacerata, non restano che le istituzioni. La regione. Ingroia è un beniamino. Ha assunto a Sicilia e-servizi il genero del boss mafioso Stefano Bontade. Perfino Repubblica lo ha fatto notare: «Le colpe dei padri non ricadono sui figli» è stato il suo soprassalto garantista. Ingroia era in attesa dell’assessorato all’Energia. A lasciargli il posto, digrignando i denti, avrebbe dovuto essere un collega ex pm, antimafioso se possibile più di lui: prestato alla politica come magistrato inflessibile,
Nicolò Marino insinua ora che l’inflessibile Crocetta, antimafiosamente parlando, sia meno inflessibile di un tempo. Di quando, lui inquirente, gli aveva archiviato addirittura un’inchiesta scottante. «Marino» raccontava allora il governatore «conosce bene i rapporti tra impresa e mafia. Avere un pm in giunta con questo coraggio mi sembra importante». Non è più importante, ora: «L’antimafia di Crocetta è soltanto una finzione». «Non riconosco più il presidente»: il magistrato Marino, amareggiato, se ne va. Lucia Borsellino, figlia di Paolo, assessore alla Sanità, sta subendo gli strali di Rita, sorella di Paolo, e di Salvatore, il fratello. Nomi sacri si dividono, la nobile famiglia dell’antimafia, senza se, è alle prese con molti ma.