Sergio Romano, Corriere della Sera 17/4/2014, 17 aprile 2014
DE GAULLE, UN GRANDE FRANCESE MA UN ALLEATO DIFFICILE
Essendomi avvicinato alla figura del generale Charles De Gaulle tramite la lettura di una biografia, vorrei chiederle: come valuta il suo apporto alla causa degli alleati durante la Seconda guerra mondiale?
Raffaele Di Manno
Caro Di Manno,
Gli uomini e le donne che risposero all’appello di Londra e costituirono il corpo delle Forces Françaises Libres furono alla fine della guerra, forse con qualche correzione per eccesso, circa 80.000. Comprendevano soprattutto militari che non erano sul territorio nazionale al momento dell’armistizio e qualche formazione coloniale. Prima della liberazione di Parigi furono impiegate soprattutto in Africa del Nord dove, fra il maggio e il giugno del 1942, combatterono contro la Divisione Ariete a Bir Hakeim, una località della Libia vicina al confine egiziano, e contribuirono a rallentare l’avanzata dell’Afrika Korps sulla via di Alessandria prima della battaglia di El Alamein.
Queste forze non furono mai decisive, ma ebbero, agli occhi degli Alleati e del mondo, una notevole importanza simbolica. Dimostrarono che la Francia non era soltanto Pétain, Laval, la numerosa schiera dei collaborazionisti e il folto partito di coloro che si erano rassegnati alla prospettiva di un’Europa tedesca. Grazie a De Gaulle e alla prontezza con cui aveva rifiutato l’armistizio con i tedeschi, esisteva una Francia libera, erede delle sue migliori tradizioni, pronta a combattere con gli Alleati sino alla vittoria. Dal momento in cui esortò i suoi connazionali a resistere, il generale francese, indipendentemente dal peso militare dei suoi seguaci, divenne un capitale da conservare e coltivare.
Ma i rapporti non furono facili. De Gaulle si ergeva a rappresentante della nazione francese, esigeva parità di diritti, pretendeva di essere presente a tutte le conferenze inter-alleate, reagiva rabbiosamente a ogni piccolo sgarbo. Roosevelt non lo amava e non esitava a lasciarlo intendere con brusca franchezza. Churchill capiva le reazioni di Roosevelt, era spesso irritato dalle iniziative unilaterali di De Gaulle e dal tono delle sue dichiarazioni. Ma pensava al futuro, sapeva che una Francia democratica sarebbe stata indispensabile per la creazione di nuovi equilibri europei e buttava acqua sul fuoco. Un giorno, parlando dei suoi rapporti con De Gaulle, disse: «La croce più grossa che devo portare sulle mie spalle è quella di Lorena» (il simbolo che i gollisti avevano scelto per il loro stemma). Ma in un’altra occasione, rispondendo a chi gli chiedeva se De Gaulle fosse un grande uomo, rispose: «È egoista, arrogante, crede di essere il centro dell’universo. Sì, è un grande uomo».