Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 17/4/2014, 17 aprile 2014
BUBBICO E L’IDEA (CONTESTATA) DEI NUMERI SUL CASCO DEGLI AGENTI
ROMA — Premette di «voler avviare una discussione pacata e non emotiva», ma la proposta del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico di «riflettere sull’introduzione di codici identificativi per i poliziotti impegnati in ordine pubblico» basta a scatenare la polemica. Perché i video sul corteo di sabato scorso a Roma, con le immagini di agenti che prendono a calci alcuni manifestanti, dimostrano la necessità di rivedere le regole sulla gestione della piazza, ma la «base» è in fermento. E cresce il malumore anche rispetto alla presa di posizione del capo della polizia Alessandro Pansa che aveva definito «un cretino da identificare» l’artificiere filmato mentre salta sul fianco di una ragazza travolta e caduta dopo una «carica». Non a caso il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro decide di intervenire sottolineando come gli appartenenti alle forze dell’ordine «non hanno nulla da nascondere ed è dunque bene poterli identificare, purché la riflessione venga estesa all’intero dispositivo».
La tesi di Pecoraro è chiara: «I poliziotti svolgono un ruolo di garanzia per chi manifesta, non possono mai diventare una controparte. Se questo accade è bene intervenire, cercare dei correttivi che garantiscano la tenuta del controllo della situazione, ma bisogna farlo in un quadro complessivo. Del resto lo sbaglio di uno, anche se gravissimo, non può vanificare il lavoro di tutti gli altri». Il riferimento è all’artificiere accusato di lesioni volontarie, ma anche agli altri che hanno mostrato comportamenti violenti. Il prefetto sa bene, visto che la gestisce da anni, quanto la piazza di Roma sia in fermento e per questo non si sottrae alla discussione. Proprio ieri, a Roma, si sono verificati nuovi scontri fra manifestanti e polizia durante le operazioni di sgombero di uno stabile, a Montagnola. Primo bilancio: 19 contusi, 12 appartenenti alle forze dell’ordine.
Ma Pecoraro sa anche quanto fermento ci sia tra gli agenti e quanto la situazione rischi di diventare ancor più pericolosa. I sindacati però fanno muro. Spiega Daniele Tissone della Silp Cgil: «Non ci spaventa affrontare un simile argomento purché si apra il confronto e non si dimentichi che, purtroppo, anche nei Paesi ove si adottano gli identificativi si verificano, nonostante ciò, episodi di violenza». Quello che preoccupa di più, al momento, è il messaggio di quanti danno la propria adesione morale alle violenze come nel caso della Val di Susa. Va impedito un «passaggio di testimone da parte di eroi sconfitti dal recente passato da polizia e magistratura che tentano oggi, con i loro appelli, di condizionare i giovani».
Ben più duro è Gianni Tonelli del Sap: «Siamo contrari in maniera netta e anzi chiediamo telecamere sui caschi e magistrati presenti nelle manifestazioni per la convalida immediata dei fermi». Posizione forte che evidentemente risente del fastidio rispetto alla sortita di Pansa visto che poi Tonelli attacca: «Al corteo non abbiamo visto né calci, né cretini. Riteniamo che sia la terminologia che i contenuti utilizzati non siano appropriati all’alta funzione istituzionale rivestita e a chi deve guidare centomila uomini ogni giorno per garantire la pacifica convivenza delle nostre città. Credo che non sarebbe disdicevole, neppure disonorevole, una rettifica. Comprendiamo che alcuni “ambienti” desiderino, forse, essere compiaciuti, ma la dignità e l’onore di chi veste una divisa non vanno mai sacrificati indebitamente. Quel termine, “cretino”, è una medaglia che tutti i poliziotti si sono messi al petto».
Più pacata, ma ugualmente ferma, appare la posizione di Felice Romano del Siulp secondo il quale «conoscendo Pansa sono certo che si riferisse al gesto e non alla persona e pertanto mi aspetto un chiarimento che eviti di tracciare un solco tra tutte le donne e gli uomini della polizia di Stato e il loro vertice. Più in generale sono convinto che le regole di ordine pubblico vadano riscritte ed è importante prevedere l’arresto differito come negli stadi e il processo per direttissima senza alcuno sconto di pena. In questo senso l’ulteriore passaggio è la chiamata a responsabilità di chi organizza in sede civile per i danni prodotti e possibilità di introdurre il divieto per altri cortei. Solo in questo modo ha senso il numero identificativo». È d’accordo Lorena La Spina dell’Associazione Funzionari di polizia: «Sì al codice, ma solo con la telecamera sul casco altrimenti saremmo esposti a facili strumentalizzazioni, senza poterci difendere, rischiando così di innescare pericolose derive nella gestione delle piazze».