Paola Pica, Corriere della Sera 17/4/2014, 17 aprile 2014
PANSA E IL CAMBIO IN FINMECCANICA
Se qualcosa è cambiato, e perché, nei pensieri di Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan, sul futuro di Finmeccanica e sul piano di sviluppo costato sette mesi di lavoro all’attuale capo azienda, Alessandro Pansa, e alla squadra che ha portato il colosso italiano a una relativa serenità dopo la scandalo giudiziario, lo si capirà solo dalla prima mossa del nuovo amministratore delegato, Mauro Moretti. Il numero uno delle Ferrovie chiamato a gestire, per la prima volta, un gruppo quotato in Borsa e costantemente sotto i riflettori degli investitori internazionali, pare si trovi subito davanti a un bivio di quelli capaci di togliere il sonno: proseguire o fermare la vendita delle controllate nei trasporti della società che produce il 91% dei ricavi nell’aerospazio civile e militare? I sindacati chiedono da tempo uno stop alle dismissioni e anche dal Pd si è levata qualche voce contraria alla cessione di Ansaldo Breda e Sts. Il cambio della guardia al vertice ha lasciato immaginare un passo indietro anche del governo. Un’ipotesi che ha contribuito all’ondata di vendite in Piazza Affari (il 7% circa in due sedute, prima del recupero del 2% ieri). Nel piano di Pansa e dei manager della prima linea presentato alla comunità finanziaria un mese fa, era il 19 marzo, però, la strada maestra era tracciata e la scelta, tutt’altro che solitaria, era stata pienamente condivisa con i ministri dello Sviluppo, Federica Guidi e Pier Carlo Padoan, i quali, lo stesso giorno, hanno firmato un comunicato congiunto. Nella nota i due ministri hanno «condiviso» la strategia di concentrazione nei settori aerospazio, difesa e sicurezza affermando che «il deconsolidamento delle attività nei trasporti deciso da Finmeccanica rappresenta un elemento essenziale per il successo di tale piano». L’idea di Pansa, ribadita in quell’occasione dagli stessi esponenti di governo, è che per le società dei trasporti vadano individuati partner in grado di assicurare investimenti adeguati e radicamento territoriale.
Meno di 30 giorni dopo quelle dichiarazioni, sul piano che si compone anche del duplice completamento della riforma della governance avviata lo scorso anno e del nuovo modello organizzativo di certezze non ce ne sono più e dal ritorno alla piena redditività. Resta la sorpresa, e l’amarezza, per un finale che nessuno si sarebbe aspettato a Finmeccanica dopo i risultati portati in poco più di un anno dal team di cinquantenni che ha dovuto superare una crisi reputazionale come quella provocata dall’arresto con l’accusa di corruzione internazionale dell’amministratore delegato Giuseppe Orsi e un indebolimento industriale che aveva messo a serio rischio finanziario il gruppo.
«Questa è la scelta del governo e come tale va accettata e rispettata» si limita a ripetere in queste ore Pansa ai suoi collaboratori, con i quali pare non nasconda la stima per il suo successore, Moretti. Mai un’intervista in 14 mesi da amministratore delegato (carica per la quale aveva rinunciato al compenso mantenendo solo la retribuzione da direttore generale) Pansa era stato nominato il 13 febbraio del 2013, dopo cinque anni da direttore finanziario nella stessa Finmeccanica. Bocconiano, 52 anni il prossimo giugno, figlio del giornalista Giampaolo, padre di due ventenni, una grande amore per la cultura classica, Pansa ha iniziato la sua carriera all’ufficio studi del Credito Italiano.
Con il presidente (confermato) Gianni De Gennaro è stata da subito sintonia, la fiducia reciproca non deve essere stata estranea ai risultati portati nell’ultimo anno, con il ritorno all’utile un flusso di cassa atteso in aumento da 50 a 200 milioni nel 2014, risparmi superiori ai 500 milioni e un rialzo del titolo di quasi l’80% in Piazza Affari.