FED.FAN., l’Unità 16/4/2014, 16 aprile 2014
FORLANI, PREVITI E GLI ALTRI, TRA PARROCCHIE E POMODORI
A New York si può incontrare Paris Hilton, maglietta gialla e tacchi, che ripulisce i muri dai graffiti. A Cesano Boscone, in mezzo al verde dell’hinterland milanese, ad accudire i vecchietti dell’ospizio Sacra Famiglia sarà l’ex premier Silvio Berlusconi.
Se nel mondo anglosassone aiutare la comunità è prassi per star con problemi di droga o risse, va detto che in Italia a quella che Berlusconi considera un’inaccettabile «umiliazione» si sono sottoposti prima di lui diversi politici. Senza affaticarsi oltremisura, sebbene in molti casi l’impegno fosse quotidiano e non limitato a 4 ore a settimana.
Tra i primi l’ex ministro e segretario Psdi Mario Tanassi, dichiarato decaduto da Montecitorio nel 1977 e condannato a 2,4 anni per l’affare Lockheed. Il contenuto della sua pena alternativa rimase però nebuloso: «Non facevo niente di speciale. Dovevo solo comportarmi bene» raccontò anni dopo. Quindici anni dopo, un altro segretario socialdemocratico, Pietro Longo, condannato per maxi-tangente, si occupò di devianze giovanili alla Caritas e finì sbeffeggiato dal «Secolo d’Italia»: «Chi salverà quei ragazzi dall’assistente sociale?». Ma tra i precursori dell’ex Cavaliere c’è stato un altro presidente del Consiglio: il Dc Arnaldo Forlani, che dei 2 anni e 4 mesi inflittigli nel 1998 per le tangenti Enimont non ha scontato neppure un giorno in cella. Anche lui in servizio presso la Caritas: curava la rivista, visitava le parrocchie, aggiornava le statistiche sull’immigrazione. Ogni giorno, con serietà e cristiano senso di rassegnazione, fino a «fine pena». Certo, la fede aiuta, ma anche il senso di fare qualcosa di utile agli altri: «Ho scelto per darmi una ragione di vita, dato che era impossibile difendermi» disse l’ex ministro della Sanità De Lorenzo. Condannato a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione, ha lavorato come medico volontario ad Amelia.
All’epoca di Tangentopoli, i servizi sociali si popolarono di ospiti illustri, dal socialista Mario Chiesa, che aiutò una comunità di disabili, a Sergio Cusani, che ne ebbe la vita completamente cambiata ed è stato riabilitato nel 2009. L’ex consulente finanziario di Raul Gardini, condannato a quasi 6 anni per la «madre di tutte le tangenti» Enimont (con Forlani e Craxi), ne scontò 5 in carcere e il resto occupandosi di detenuti. Tematiche che non ha più abbandonato, dalla campagna per indulto e amnistia all’impegno per la riforma penitenziaria, con il suo «Piccolo piano Marshall per le carceri».
Più vicino nel tempo, se Berlusconi desidera lumi sull’imminente esperienza di vita può chiedere a due vecchi amici: Cesare Previti e Lele Mora. L’ex agente dello spettacolo, che con Emilio Fede ha introdotto ad Arcore diverse ragazze, sconta la condanna per bancarotta trascorrendo un giorno a settimana nella comunità di Don Mazzi. Dove, giura, ha imparato «la lezione di Icaro», al punto da invitare Silvio: «Venga a cogliere i pomodori con me». Del resto, il fondatore della comunità Exodus per tossicodipendenti lo aspettava a braccia aperte: «Vorrei lavorare alla sua redenzione, buttarlo giù dal letto la mattina e invitarlo a rimettere a posto lenzuola. Vorrei che facesse silenziosi e umili lavori manuali, a partire dalla pulizia del bagno. Come a 15 anni quando non aveva il potere».
Fatto sta che l’interessato si è tenuto alla larga. Da lui come dalle altre offerte: il Centro Astalli, a due passi da Palazzo Grazioli, i CityAngels che assistono i senzatetto, i sindaci di Albenga e Abano Terme, la cooperativa sociale partenopea «Il tappeto di Iqbal» e la scuola d’arte di Borgognone di Lodi, dove avrebbe potuto coltivare musica e botanica.
Sul tavolo anche l’ipotesi del Ceis di Don Picchi, dove «Cesarone» Previti ha trascorso 3 anni e 7 mesi. Ogni mattina lasciava l’attico di piazza Farnese per la struttura sull’Appia. Nei week end lo si vedeva al circolo Canottieri Aniene o all’Olimpico per le partite della Lazio. Alla fine del 2009 è tornato un uomo libero, con l’unica limitazione di non potersi ricandidare a causa dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Berlusconi, però, può fare attenzione a un altro precedente. L’ex terrorista di Prima Linea Sergio D’Elia, eletto alla Camera nel 2006 con i Radicali e diventato tra le polemiche segretario d’aula. L’affido in prova lo aveva riabilitato al punto che nel 2000 il tribunale di Roma gli aveva restituito l’eleggibilità cancellando l’interdizione.