Federica Passamani, IoDonna 12/4/2014, 12 aprile 2014
QUI NASCE UN BEBÉ AL MINUTO. IN SILENZIO
LE MADRI DEL “FABELLA” partoriscono senza emettere un solo lamento. “I medici non lo permettono – spiegano con naturalezza le infermiere – perché non vogliono essere distratti”. Non è facile capire il perché di questa richiesta, all’apparenza quantomeno bizzarra, finché non si entra nel mondo tutto particolare del Fabella di Manila, ospedale nazionale pubblico al cui interno si trova quello che viene considerato il più affollato reparto di maternità del mondo. La struttura, oggi piccola e obsoleta per il servizio che deve offrire, si trova ai bordi di Tondo, l’area urbana più degradata delle Filippine, e serve anche i dintorni della popolosa capitale.
Quando un bimbo nasce a Fabella, non nasce mai solo. Nella piccola area dedicata al parto, poco più di 40 metri quadri, ogni giorno emettono il loro primo vagito dai 50 agli 80 neonati. In ogni ora della giornata, fino a cinque madri contemporaneamente concludono il loro travaglio rispettando alla lettera il diktat dei medici, che chiedono loro di sopportare stoiche il dolore del parto in un surreale (per noi) silenzio, sistemate una a fianco dell’altra e senza che nessuno si preoccupi minimamente di tutelare la loro privacy. Nel 2013 a Fabella sono nati 19.322 bambini. Un’annata scarsa se paragonata alle precedenti, quando la quota aveva superato abbondantemente soglia 20 mila, registrando una punta, nel 2010, di 21.777 nascite. A sorprendere, tuttavia, non sono tanto le cifre, quanto le condizioni con cui questi neonati iniziano la vita e le storie delle loro madri.
DOPO IL PARTO, mamma e figlio vengono sistemati in maternità. A Fabella ci sono due reparti: uno per le donne che possono pagare la modesta cifra richiesta dall’ospedale per il soggiorno (sono state appena 827, in tutto il 2013), e un secondo unico grande stanzone destinato alle più disagiate, quelle per cui sborsare anche i pochi pesos necessari al ricovero graverebbe troppo sul bilancio famigliare.
Le madri di Fabella sono le madri povere delle Filippine. Spesso giovani, anche di 13-14 anni (l’età media del primo parto nel Paese è di circa 17 anni), o donne che hanno dato alla luce il loro settimo, ottavo figlio e che hanno sulle spalle il peso della famiglia; non è raro che gli uomini preferiscano ubriacarsi e abbandonare le compagne, piuttosto che prendersi le loro responsabilità. Le Filippine sono inoltre uno dei Paesi più cattolici del mondo e i precetti della religione, assommati a una scarsa educazione sessuale, incidono sulla mancata pianificazione famigliare. «Ci sono donne» commenta la dottoressa Mary Christine Alice Damian-Tumale, responsabile del dipartimento di medicina neonatale dell’ospedale «che, per non pagare per il parto e sapendo di non poter mantenere l’ennesimo figlio in famiglia, cercano di lasciare l’ospedale abbandonandolo sul letto; altre che, il figlio lo vogliono e provano a uscire nascondendoselo in borsa».
Nel grande reparto maternità di Fabella, che contiene poco più di una cinquantina di letti affiancati uno all’altro, gruppi di tre fino a cinque madri, con i loro figli, condividono due materassi singoli accostati, sdraiandosi nelle posizioni più scomode per trovare spazio fra gli oggetti necessari al loro soggiorno.
I parenti non possono entrare, ma durante l’orario di visita si formano lunghe code all’ingresso per portare cibo e ricambi: la neo-mamma li raggiunge richiamata dall’avviso degli altoparlanti che annunciano il numero che la identifica. Il posto è caotico, ma pulito. L’ospedale fa del suo meglio per garantire le migliori condizioni possibili, considerato il sovraffollamento. «L’8o per cento di chi partorisce qui» aggiunge la dottoressa Damian-Tumale «non ha eseguito nessuno screening prenatale. Spesso arrivano su indicazione dei servizi sociali quando è già troppo tardi e devono essere direttamente portate in sala parto. Noi non sappiamo se hanno infezioni in corso o se il nascituro ha problemi».
Di conseguenza a Fabella anche l’unità di terapia intensiva infantile (Nicu) è sovraffollata. Un impressionante numero di piccole culle con bimbi in gravi condizioni sono sistemate lungo le pareti, attaccate una all’altra, nonostante la distanza minima prevista dalle norme per evitare il diffondersi di infezioni sia di almeno un metro. C’è posto per 80-100 bambini, ma molto spesso si va oltre, fino ad accomodarne 144.
LO SCORSO ANNO, fra i 4.542 ammessi nella Nicu, 634 non ce l’hanno fatta, perché prematuri o perché vittime delle infezioni che si diffondono nel reparto. Decessi che si aggiungono ai 379 bimbi nati morti.
Il governo ha più volte promesso e rimandato il trasferimento di Fabella in un nuovo edificio più appropriato, ma non saranno tempi brevi. Intanto, per fronteggiare il problema della crescita demografica, il presidente Benigno Aquino III ha emanato una nuova legge (Responsible Parenthood and Reproductive Health Act) che prevede l’accessibilità a tutti di metodi contraccettivi, la diffusione dell’educazione sessuale fra la popolazione e delle cure materne di base. Legge osteggiata dalle lobby cattoliche, anche tramite l’affissione sulle porte di alcune chiese dei nomi dei politici che si erano detti favorevoli alla sua promulgazione.