Paola Pica, IoDonna 12/4/2014, 12 aprile 2014
CUORE NELLA BORSA E OCCHIO SUI MERCATI: COSÌ VINCONO LE SIGNORE DELLA FINANZA
SORPRESA, sono tante e sono toste. E tra non molto scopriremo che nelle grandi banche, come nelle società indipendenti, dove forse il sorpasso è già avvenuto, le professioniste della gestione dei patrimoni personali e familiari sono in maggioranza. Un primato conquistato negli ultimi anni, sotto traccia, nel riserbo, come la deontologia del mondo degli affari impone. Si tratta di un fenomeno per nulla scontato in Italia, Paese stabilmente in fondo alle classifiche di alfabetizzazione finanziaria e dove il binomio donne-denaro si porta dietro cliché a non finire, il più frequente dei quali è quello della dissipazione. Le donne spendono i soldi che gli uomini guadagnano. Poi ci sono le eredità di un passato anche recente: la delega a mariti, padri, fratelli, figli a maneggiare la materia. Gli anglosassoni lo chiamano saving gap e secondo un’inchiesta condotta dalla britannica Research for National Savings and Investments, la distanza scavata dagli uomini in tema di amministrazione domestica ha fatto sì che un quarto delle intervistate, in questo sondaggio tutte per di più lavoratrici, dichiarasse di non essere in grado di mettere nulla da parte e tanto meno di gestire risorse finanziarie. Ma quello che tante ricerche in Italia ancora non colgono è quanto le donne stanno modificando schemi e modelli e a quale velocità. Succede in diversi ambiti. E succede in finanza, territorio dove tocca correre con i lupi.
«GLI UOMINI sono per lo più trader, esperti in attività di compravendita a ritmi frenetici e ad alto indice di tensione» ci scherza su, ma non troppo, Manuela D’Onofrio, direttore investimenti di UniCredit e responsabile delle gestioni patrimoniali del private banking, la divisione del gruppo bancario che sì occupa di gestioni patrimoniali, soglia di ingresso 500 mila euro e media di 5 milioni.
«Alle donne prudono meno le mani» sostiene, «e sono mediamente più solide nella gestione. Ecco, se c’è una differenza con l’approccio maschile ai mercati, è proprio questa: la tenuta, il miglior equilibrio testa-pancia, la capacità strategica. No al panico e no agli eccessi di euforia». Attitudini che catturano l’investitore smarrito nell’era dei tassi bassi e della volatilità dei prezzi.
Vista dal lato dell’investitore, le donne scelgono sempre più in autonomia come, quando e soprattutto a chi affidare il proprio patrimonio. E anche questo è un passaggio di rilievo se è vero, come sostengono le addette ai lavori, che l’indipendenza economica non sempre si accompagna a quella psicologica. Ma il fatto è che qualcuna ha cominciato a divertirsi con la finanza.
«Investire è una grande passione» per Alida Carcano, fondatrice di Valeur Investements. Per quanto possa sembrare curioso, il segreto per questa signora del private banking «è non pensare solo al denaro, almeno in prima battuta». Le scelte di investimento devono assomigliare a chi le compie e l’offerta è sconfinata per chi crede “in un futuro di crescita, allo sviluppo, all’ambiente”. Mondi che «ci affascinano» e che possono essere esplorati attraverso gli investimenti, con ritorni economici anche importanti. Non ci sono solo titoli di Stato, bond e azioni sui mercati. Quanto può essere coinvolgente investire nella ricerca sulle malattie rare, sulla depurazione dell’acqua, su cultura, turismo, qualità della vita?
Ci SONO FONDI specializzati che hanno dato grandi soddisfazioni» dice Alida Carcano che si occupa per lo più patrimoni di famiglie imprenditoriali, «e ci sono settori ancora tutti da esplorare e da studiare. Pensiamo alla tecnologia per gli smartphone... siamo solo all’inizio!». Le donne più degli uomini mettono paletti etici nell’amministrazione del patrimonio. «Sì, c’è un’attenzione e un impegno crescente ad evitare le trappole. Sotto il vestito di certe azioni o di certi fondi si rischia ancora di trovare, per esempio, lo sfruttamento minorile. Ma la mano professionale» conclude, «serve anche a questo».
Salute e denaro, cosa c’è di più intimo? Le private banker custodiscono intere storie familiari, gioie e dispiaceri delle persone, nascite e lutti.
DA OLTRE VENT’ANNI Paula Flenkenthaller, origini austriache, quattro lingue parlate, la vela e il canto jazz tra le sue passioni, è gestore di patrimoni in Credit Suisse con una lunga carriera internazionale alle spalle. «La cura e la responsabilità» sono per Paula parole chiave di affermazione femminile nella finanza «sia come professioniste, che come fruitrici, entrambe sempre più numerose».
Le donne corrono e non si accontentano più di colmare la distanza con l’esperienza maschile nel settore. «Si deve a imprenditrici e manager» racconta Flenkenthaller, «la nascita e il recente moltiplicarsi in Italia dei family office, società indipendenti di servizi che gestiscono il patrimonio delle famiglie facoltose e che noi siamo attente a servire al meglio». Per Paula che ha visto l’epopea della finanza mondiale, dai boom di fine anni Ottanta all’era dei derivati, un mercato spaventoso che vale dieci volte il Pil mondiale, oggi più di prima raccomanda “attenzione” con il denaro. E, il suo valore.
Non solo grandi ricchezze, anche chi, soprattutto chi, dispone di poco deve preoccuparsi di accrescere cultura e indipendenza finanziaria. Serena Torielli guida Advise Only, social network di consulenza sul risparmio e rintraccia nell’investimento al femminile «una bassa propensione al rischio e un’idea di futuro e di successione che diventa priorità dopo la nascita dei figli».