Francesco Ninfole, MilanoFinanza 16/4/2014, 16 aprile 2014
FINALMENTE L’UNIONE BANCARIA
Parte l’Unione bancaria. Il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva i tre testi legislativi che introducono le regole sul bail-in, sulla risoluzione delle crisi bancarie e sulle garanzie armonizzate sui depositi. Questi pezzi si aggiungono alla vigilanza bancaria unificata sotto l’egida della Bce, primo tassello dell’Unione bancaria: Francoforte assumerà i compiti di supervisore da novembre, ma ha già fatto partire l’asset quality review sui maggiori istituti dell’Eurozona.
Va inoltre ricordato che dal 2014 sono presenti regole comuni sui requisiti di capitale.
La principale novità dei testi varati ieri è quella di definire una gerarchia di chi paga per la crisi di una banca, con l’obiettivo di escludere la partecipazione dei contribuenti: una risposta a quanto accaduto durante la crisi in molti Paesi (In Italia in misura più limitata). Le regole aiuteranno inoltre a spezzare il legame pericoloso tra crisi bancarie e degli Stati.
Innanzitutto, secondo quanto prevede la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive), le banche dovranno prepararsi meglio a situazioni di emergenza, definendo in anticipo i piani di intervento, che dovranno essere validati dalle autorità di vigilanza. Ma se la crisi diventasse inevitabile, i primi a pagare sarebbero gli azionisti, seguiti dai possessori di titoli obbligazionari junior, poi da quelli senior. In ultima istanza saranno coinvolti i correntisti con depositi superiori a 100 mila euro, mentre quelli sotto questa soglia saranno in ogni caso garantiti.
Attraverso il bail-in, in vigore dal 2016, saranno recuperate risorse fino all’8% delle passività della banca in crisi. Se queste risorse non dovessero bastare, allora contribuirà alle perdite (fino al 5% delle passività) il fondo di risoluzione da 55 miliardi, alimentato dalle banche (secondo modalità che saranno definite nel dettaglio a luglio).
Il regolamento sul meccanismo unico di risoluzione (Srm), in vigore dal 2015, definisce le modalità con cui sarà gestita la crisi di un istituto, secondo i principi dell’accordo raggiunto dagli organi Ue il 20 marzo. Il fondo di risoluzione da 55 miliardi diventerà davvero comune a livello europeo dopo otto anni, due in meno di quanto chiesto nella proposta di partenza del Consiglio, basata sulle posizioni del governo tedesco. Anche il ritmo della mutualizzazione è stato accelerato: il primo anno le risorse comuni a livello europeo saranno pari al 40% del fondo, mentre la restante parte resterà segregata in fondi nazionali. Il secondo anno la quota comune salirà al 60%. Nei restanti sei anni si arriverà al 100%. Ciò vuol dire che dopo otto anni il denaro raccolto dalle banche europee servirà per la gestione delle crisi degli istituti, indipendentemente dal Paese di riferimento. Il fondo potrà anche finanziarsi sui mercati, ma il costo sarà comunque pagato dalle banche e non dai governi. L’assenza di un paracadute pubblico è stata criticata da alcuni osservatori. Un trattato intergovernativo definirà il funzionamento del fondo.
Il processo decisionale del Srm si era complicato in fase negoziale per le richieste del Consiglio Ue, che voleva dare ai governi l’ultima parola sulla chiusura di una banca. Alla fine il processo, pur prevedendo ancora alcuni passaggi tecnici, è stato in parte snellito, soprattutto grazie all’azione del Parlamento. Le autorità Ue hanno assicurato che la crisi di una banca potrà essere risolta in un weekend. Nella maggior parte dei casi la Bce individuerà gli istituti in crisi, il board di risoluzione definirà le procedure che saranno poi adottate dalla Commissione Ue. Il Consiglio potrà essere chiamato in causa solo in casi eccezionali. Il board prenderà decisioni in seduta plenaria (cioè con tutti i rappresentanti delle autorità nazionali) quando saranno necessarie risorse del fondo per oltre 5 miliardi.
Proprio quest’ultimo caso, secondo alcuni analisti, è uno dei punti deboli dell’accordo perché potrebbe riguardare le banche di maggiori dimensioni. Non a caso la questione del processo decisionale è stata una delle più difficili da sciogliere. L’intesa tra i negoziatori Ue è stata raggiunta proprio il 20 marzo, ultimo giorno a disposizione dei negoziatori: in caso contrario, il Parlamento non avrebbe potuto votare il testo prima delle elezioni europee di maggio. Ora è necessario solo l’ok finale del Consiglio: un passaggio formale perché i governi hanno già dato l’assenso al compromesso. Gli eurodeputati hanno dato il via libera anche alle garanzie sui depositi sotto 100 mila euro: sono state armonizzate le procedure e gli importi, ma non c’è ancora un’assicurazione comune a livello europeo, obiettivo per ora abbandonato a causa dell’opposizione tedesca. Infine ieri il Parlamento ha approvato le regole sui mercati finanziari (la nuova Mifid e Mifir) che mettono anche paletti a high frequency trading e negoziazioni su materie prime.
Francesco Ninfole, MilanoFinanza 16/4/2014