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 2014  aprile 16 Mercoledì calendario

I RISCHI DELL’ECONOMIA RUSSA: CRESCITA ZERO, CAPITALI IN FUGA


Quanto sta accadendo nell’Est dell’Ucraina trova la Russia ancora intenta a farsi un’idea dei costi dell’avventura in Crimea, che costringerà il governo di Dmitrij Medvedev a rivedere l’impostazione del budget federale per poter assorbire il carico della penisola e dei suoi due milioni di abitanti. Una cosa quasi da nulla, probabilmente, rispetto a quelle che potrebbero essere le ricadute di una vera guerra con l’Ucraina, e di un ulteriore aggravamento delle sanzioni dell’Occidente contro Mosca.
Eppure, l’annessione della Crimea sarebbe bastata ad assestare un duro colpo all’economia russa. La sua manifestazione più evidente – la fuga di capitali, campanello d’allarme per gli investimenti – sta accelerando. E quella del ministro delle Finanze Anton Siluanov è soltanto l’ennesima voce che riduce ulteriormente la crescita prevista quest’anno: meno dello 0,5%, secondo il ministro, o forse anche una battuta d’arresto. «Le condizioni in cui ci troviamo sono le più difficili dalla crisi del 2008-2009», ha detto. Solo pochi mesi fa il ministero dell’Economia per quest’anno stimava una crescita del 2,5 per cento.
Un rallentamento – dal +1,3% del 2013 – che Siluanov imputa all’«incertezza geopolitica» che spinge i capitali a lasciare la Russia. «I capitali in fuga – ha detto ieri Siluanov a Mosca – riducono la possibilità di una crescita degli investimenti, e provocano squilibri di bilancio. In una situazione di considerevoli rischi geopolitici, riteniamo impossibile aumentare la spesa pubblica». Frenati gli auspici del ministero russo dell’Economia, secondo cui un allentamento del rigore potrebbe regalare all’economia un +1,1%, nel 2014.
Ma l’«incertezza geopolitica» di cui parla Siluanov nega prospettive di crescita duratura, nel momento in cui il calo del rublo – che da inizio anno ha perduto circa il 9% sia contro il dollaro che contro l’euro – ha costretto la Banca centrale russa ad alzare i tassi di interesse, là dove Vladimir Putin auspicava da tempo un allentamento. Il suo grande timore è che le difficoltà dell’economia incidano sulla tenuta del regime: un rischio che per il momento Aleksej Kudrin, l’ex ministro delle Finanze di Putin, per ora esclude.
Per la «politica estera indipendente» dimostrata in Crimea, sostiene Kudrin, la Russia potrebbe arrivare a pagare in fuga di capitali da 150 a 160 miliardi di dollari, mentre l’economia rischia una recessione. E tuttavia questo è un prezzo che al momento la società russa è pronta a pagare, proprio nel nome del nazionalismo e di quell’indipendenza dimostrata all’Occidente che in realtà stanno portando gli indici di gradimento di Putin a livelli record.
E tuttavia, proprio perché la crisi è ben lontana dall’essere conclusa, il prezzo da pagare potrebbe crescere in modo imprevedibile, e farsi sentire ben di più sul tenore di vita della popolazione. Anche perché i finanziamenti necessari alla Crimea potrebbero essere raccolti dai fondi sovrani – voluti proprio da Kudrin – costruiti negli anni con i proventi di gas e petrolio, e destinati al welfare.

A. S., Il Sole 24 Ore 16/4/2014