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 2014  aprile 16 Mercoledì calendario

NOMINE, IL CASO BUONUSCITE

Se Matteo Renzi non s’inventa qualcosa, la rivoluzione ai vertici di Eni, Enel, Poste, Finmeccanica e Terna costerà 17,2 milioni di euro sull’unghia. A tanto ammonte­rebbero le buonuscite complessive maturate da Paolo Scaroni (8,4 milioni), Fulvio Conti (6,4) e Flavio Cattaneo (2,4) attraverso il doppio in­carico da amministratore delegato e direttore generale che hanno rivestito nell’ultima decade, rispettivamente, nel colosso petrolifero, nel­la società energetica e in quella per la distribu­zione della corrente elettrica. Un esborso che rende vana, nel breve termine, la svolta dei 238 mila euro annui fissata per i nuovi presidenti in rosa - ma anche il confermato Gianni De Gen­naro di Finmeccanica si è adeguato -: Emma Marcegaglia (Eni), Luisa Todini (Poste), Patrizia Grieco (Enel) e Catia Bastioli (Terna).
È uno de­gli aspetti più controversi, insieme alla scelta di lasciare legati al mercato i compensi degli ad e ai dubbi sui conflitti d’interesse dei ma­nager privati prestati al pubblico (ci sono an­che diversi doppi incarichi nelle liste per i Cda). Nella giornata in cui vengono alla luce anche i piani dei nuovi amministratori delegati (l’ex vertice di Fs Mauro Moretti per Finmeccani­ca, Francesco Caio per Poste, Claudio De Scal­zi per Eni, Francesco Starace per Enel), non c’è però l’atteso brindisi in Borsa. A Piazza Affari la seduta si chiude in flessione del 2,33 per cen­to per la crisi ucraina, il crollo del Montepa­schi di Siena e il calo di tutti i listini europei. Le partecipate ne risentono: il crollo più vistoso è quello di Finmeccanica che scende del 5,22%. L’avvento di Moretti sembra mettere in di­scussione il piano di dismissioni del suo pre­decessore Alessandro Pansa. E i mercati non hanno gradito.
Sul fronte politico, Renzi ha passato una gior­nata di decompressione a Palazzo Chigi do­po il lunedì di fuoco. Ha preso atto con favore dei commenti favorevoli di Financial Times (che plaude al «massacro della vecchia guardia ita­liana» in favore di «nuovi e dinamici amministratori delegati») e del Wall Street Journal, e ha incassato il sostanziale «sì» dei partiti di mag­gioranza. Solo di striscio ha riaperto il prossi­mo dossier, quello di Ferrovie dello Stato, dove sembra esserci un ballottaggio tra il manager in­terno Michele Mario Elia e l’ad di Invitalia Do­menico Arcuri. La composizione dei vertici de­finitivi di Terna - quella del governo è un’indi­cazione - è invece rimandata all’azionista Cas­sa depositi e prestiti. Anche per Enel green power, la creatura sinora di Starace, bisogna at­tendere la riconfigurazione della casa-madre.
Se il premier tira il fiato, Napolitano avverte il dovere di smentire «ogni intervento» sulle no­mine. «Ma quali interventi, al massimo il pre­sidente ha incoraggiato la presenza delle don­ne», dicevano dal Quirinale prima di diramare una nota per smentire le ricostruzioni giorna­listiche.
Tornando alle liste integrali, comprensive an­che delle proposte per i Cda, oltre alle polemi­che su diversi esponenti accostabili a Renzi, al­la minoranza pd e alle cordate alfaniane e ca­siniane, c’è anche il piccolo giallo di un’inver­sione di nomi operata dal Tesoro: Salvatore Mancuso figura nella lista Enel, Andrea Gem­ma in Eni. Lunedì era stato scritto il contrario per un «mero errore materiale». Dal coro dei «sì», si distinguono le parole dure dei sindaca­ti, da Susanna Camusso a Raffaele Bonanni si­no a Giorgio Landini, per i quali la ’svolta’ su stipendi e quote rosa serve solo a coprire la so­lita «lottizzazione». Mentre a rafforzare la tesi di chi vede nell’operazione-Renzi continuità con le gestioni aziendali uscenti, arriva l’inter­vista al Wsj dell’ad uscente di Eni, Paolo Scaro­ni: «Sono contentissimo che sia stato nomina­to Claudio Descalzi. I nostri risultati con lui a capo della divisione esplorazione parlano da soli».