Emilio Randacio, la Repubblica 16/4/2014, 16 aprile 2014
LA SPADA DI DAMOCLE DEL RUBYGATE E IL RISCHIO DI FINIRE AI DOMICILIARI
Silvio Berlusconi potrebbe tornare un uomo «libero» il prossimo primo marzo 2015. Se decidesse di recarsi già questa mattina negli uffici milanesi dell’Uepe, il calcolo partirebbe ufficialmente già da oggi. Inizio pena: 15 aprile 2014. E se l’affidamento in prova al centro assistenziale di Cesano Boscone Sacra Famiglia non avesse intoppi, tra esattamente nove mesi e mezzo arriverebbe l’attestato di «estinzione della pena». Ma, questa ipotesi è la più «rosea» che il Cavaliere (ex) si possa augurare: ovvero finire definitivamente i suoi guai con la giustizia la primavera prossima, quando avrà 78 anni e mezzo.
Nel provvedimento con il quale, ieri mattina, il Tribunale milanese ha concesso l’affidamento in prova all’ex premier, si sottolineano infatti anche le «pendenze» – i processi ancora in corso – che coinvolgono ancora Berlusconi. C’è il dibattimento di Napoli sulla presunta corruzione del senatore Sergio De Gregorio. O l’inchiesta di Bari, sul giro di escort e i prestiti a fondo perduto garantiti a Gianpaolo Tarantini. E, soprattutto, per Berlusconi c’è il Rubygate, e il concreto rischio che la «rosea» previsione svanisca in un secondo.
La scadenza dell’affidamento ufficializzato ieri prevede uno sconto di pena rispetto ai dodici mesi ancora da scontare per Mediaset, per «buona condotta». E la sua applicazione è legata al comportamento che il condannato tiene durante questo periodo, e soprattutto al fatto — irrinunciabile — che non intervengano nuove
condanne. E, qui, l’ostacolo potrebbe diventare insormontabile per il Cavaliere (ex) e il suo collegio difensivo. A essere pessimisti – l’ipotesi in questo caso è la più funesta che il condannato possa augurarsi ma comunque concretamente realizzabile – entro l’estate dovrebbe arrivare sempre da Milano la sentenza d’appello proprio per il Rubygate (l’inizio è previsto per il 20 giugno). Concussione e prostituzione minorile le accuse, punite con sette anni di carcere in primo grado. In caso di conferma, non si può escludere un ricorso in Cassazione fissato anche prima della fine dell’anno. Quando, cioè, l’affidamento in prova non sarà ancora concluso. E, qui, i giudici della Sorveglianza potrebbero essere costretti a cambiare le carte.
È vero che se la pena complessiva restasse inferiore ai quattro anni – tra Rubygate e Mediaset – non si modificherebbe nulla. Si estenderebbe solo il periodo di «affidamento». Ma se si sforasse la “linea rossa” dei quattro anni di pena, il provvedimento di ieri verrebbe revocato per quello che in termine tecnico si chiama «fatto incolpevole». Ovvero, l’esecuzione di una nuova pena. Il risultato di questo rompicapo? Anziché trascorrere «almeno quattro ore alla settimana» nella struttura di Cesano Boscone, Berlusconi sarebbe costretto agli arresti domiciliari. Niente più trasferte di tre giorni alla settimana a Palazzo Grazioli. Stop alle campagne elettorali e perfino ai contatti esterni non autorizzati. Addio, insomma, a quella che lui chiama «agibilità politica».